Introduzione all'architettura paleocristiana (parte II)


Per quanto riguarda l’architettura del IV secolo prenderemo esempi da varie città (come Roma, Ravenna, Milano ed altre aree geografiche come la Palestina, dove troveremo le tracce della madre di Costantino, Sant’Elena); gli esempi che analizzeremo pur partendo da premesse identiche (legate al cerimoniale cristiano) presentano delle differenze dovute a situazioni diverse che vanno dall’uso dei materiali, alle committenze e sopratutto alla diversità di riti che si professano nelle varie regioni del mediterraneo, infatti la procedura cristiana non era stata ancora precisata in modo ufficiale e quindi ogni popolazione cristiana si atteneva a delle tradizioni religiose locali che cercavano di assimilare a quelle cristiane; inoltre vi erano dei dubbi riguardanti l’interpretazione di alcuni dogmi cristiani (come l’accettazione o meno della trinità e la verginità della madonna).
Queste differenze si manifestano in territori diversi dando luogo a dei movimenti secessionistici che in parte collaborano, infatti in questo momento nascono dei movimenti religiosi che pur essendo cristiani si differenziano per l’accettazione o meno di alcuni dogmi (come i copti o maroniti). Tutte queste cause spiegano le ragioni dell’eterogeneità delle soluzioni prospettate nei vari luoghi, in quanto a seconda delle credenze la suddivisione dell’ambiente dove avvenivano le cerimonie religiose poteva subire delle variazioni (l’altare poteva essere posizionato in varie parti, oppure uomini e donne erano divisi).
Nel momento in cui Costantino emana l’editto nel 313 la situazione delle comunità cristiane cambia radicalmente in quanto non hanno più bisogno di nascondersi e si rende necessario costruire luoghi di culto per accogliere una moltitudine di fedeli, inoltre servono edifici che sorgano nelle città (non più in aree periferiche come in genere accadeva). Certamente questa rivoluzione determinata dall’editto non è così improvvisa ma preparata da una serie di situazioni evidenti già da qualche secolo, perché mentre nei primi tempi la religione era diffusa ma non aveva assunto una forma organizzata (ma si basava sulla predicazione prima degli apostoli e poi dei seguaci), man mano che si prosegue nel tempo le comunità iniziano ad organizzarsi ed aumentando il numero di fedeli bisognava trovare le strutture adatte ad accoglierle, inoltre molti dei cristiani erano dediti ad opere di misericordia e vi era quindi la necessità di organizzare dei luoghi per distribuire ad una popolazione più povera i beni accumulati.
Intorno al 250 d.C. la popolazione cristiana era notevolmente aumentata e tra le fila dei cristiani si annoveravano personaggi di classi elevate e funzionari dello stato pagano, la posizione degli imperatori era diventata più tollerante. Intorno alla metà del III secolo la frequenza di questi cristiani che occupavano delle posizioni di prestigio nello stato, attenua la posizione dei pagani perché erano elementi essenziali dell’impero.
La necessità di organizzazione induce molti benestanti all’acquisizione di immobili (ricchi di ambienti) in maniera tale da farli diventare sedi della comunità cristiana in cui svolgere tutte le azioni necessarie per il buon andamento della comunità; questi grossi caseggiati vengono chiamati tituli (perché prendevano il nome del proprietario che aveva proceduto all’acquisto); all’interno di questo caseggiato erano adattati tutti gli ambienti che potevano servire allo scopo.
Questa struttura prendeva il nome di domus aeclesia (che letteralmente significa luogo di raduno) ed era costituita da un’aula amplia per accogliere i fedeli e degli alloggi che servivano per vari usi (dove soggiornavano per esempio i diaconi o il vescovo); tutte questa funzioni sono risultato di opere di rifacimento e per ottenere questi ambienti bisognava modificare l’assetto costruttivo.
Certamente il nucleo fondamentale di questa domus era l’aula principale (dove si poteva celebrare la messa), il vestibolo (un’area dove sostavano i catecumeni), altri due elementi erano l’aula battesimale ed il confirmatorium (luogo dove si effettuava la cresima); tutti questi ambienti sono in genere separati fra di loro ma allo stesso tempo concatenati.
All’interno di questo ambiente si iniziano anche a definire quei caratteri salienti che si richiedono per lo svolgimento della messa, innanzitutto lo spazio principale (che era di solito rettangolare) prevede anche una divisione tra il clero e i fedeli, una divisione spesso materializzata da una fascia di pavimento nella quale era collocato l’altare e in molti casi i due spazzi erano divisi da una transenna (che poteva essere realizzata con materiali diversi, all’inizio in legno poi gradualmente materiali più preziosi); questa barriera di separazione si chiama iconostasi (che è anche il luogo dove venivano poste le immagini perché in questa barriera sulla parte superiore erano collocate delle statue che venivano in genere collegate tra loro da tende).
All’interno di questo ambiente le separazione tra i due settori le zone erano ben delineate e nella zona riservata ai fedeli ci potevano essere delle variazioni (per esempio a Roma le donne stavano da una parte e gli uomini dall’altra); nella parte presbiteriale (che significa luogo dove c’erano i vecchi) si trovavano i sacerdoti dove si officiava la messa e non mancava quasi mai il seggio più importante dove sedeva il capo della comunità.
Una volta iniziata la messa l’insieme dei catecumeni e dei fedeli partecipavano alle letture e alle offerte, dopo questa fase i catecumeni uscivano e si radunavano nel vestibolo, questo ambiente che poi diventerà nartece (potevano ascoltare ma non vedere). L’offertorio era la fase più importante era il momento in cui avvenivano le processioni per le offerte, che in genere era costituite da beni di sussistenza, ovvero cibi e vestiari che venivano depositati su un tavolo e poi distribuiti ai poveri.
Questo rito che comporta una separazione netta tra clero e fedeli è un’elemento che avrà le sue conseguenze nella determinazione dell’edificio basilicale, come anche l’idea di separate la chiesa dal battistero e dal confirmatorium è un’elemento che troveremo nelle basiliche successive.
Di queste domus aeclesie a Roma ne esistono alcune (conservate per il fatto che le successive basiliche costruite a partire dal IV secolo sorgono sulle strutture delle antiche domus aeclesie); ne troviamo di ancora complete sotto la basilica di San Clemente e dei Santi Pietro e Paolo.
In questa fase prossima all’editto di Costantino troviamo questa situazione (cioè loghi puntuali organizzati in caseggiati che si chiamano domus aeclesie), parallelamente a questo tipo di edificio vi erano le aree cimiteriali (anch’esse considerate luoghi di incontro), potevano essere all’aperto (che sudiali) oppure sotterranei (ovvero ipogee); una differenza consisteva essenzialmente nella sistemazione delle parti, ma entrambi erano accomunati dal fatto che questi cimiteri erano dedicati solamente ai cristiani.
Le catacombe erano dei luoghi di sepoltura per i cristiani più poveri, mentre quelli all’aperto si presentavano con un carattere monumentale, che derivava direttamente da quelli pagani con tombe di più ambia; le catacombe nascevano quindi da una esigenza economica, che vede una sorta di consorzio tra i cristiani, i quali decidono di comprare un terreno per costruire un cimitero, i vantaggi erano maggiori e per questa ragione acquistano terreni friabili e iniziano ad organizzare delle aree cimiteriali articolate secondo uno schema a griglia (ovvero un’insieme di corridoi che presentavano luogo le pareti una serie di nicchie scavate entro le quali venivano collocati i defunti, le nicchie venivano anche chiamate arcosonia). All’interno di questa struttura uniforme ci sono alcuni ambienti che sono riservati a cristiani più ricchi o le cui tombe appartenevano allo stesso nucleo famigliare.
La catacomba oltre ad essere un luogo di sepoltura era anche un luogo di riunione ritenuto sicuro per i cristiani dei primi secoli (quando la religione era ancora clandestina); luoghi di culto erano anche i cimiteri al cielo aperto e riprendendo elementi desunti dal mondo romano, i cristiani acquistavano dei lotti di terreno dove una parte era dedicata alle tombe ed una lasciata libera per i banchetti funerari (chiamati agapai), che rappresentavano la conclusione della messa che si svolgeva in questo spazio angusto attorno alla tomba. Insieme con questa abitudine comincia, per questi cimiteri esterni, a svilupparsi l’idea di scegliere delle tombe speciali (in questo caso tombe di martiri o santi) come luoghi di svolgimento del culto e quindi si procede ad isolare la tomba del santo o del martire, per creare uno spazio attorno adeguato ad ospitare un certo numero di fedeli, creando delle tettoie (come nel cimitero di San Sebastiano vicino alla via Appia).

Questa è la situazione negli anni immediatamente precedenti all’editto di Costantino, l’editto porta una situazione molto particolare, la popolazione cristiana è in pieno fervore, per questo pensa di poter diffondere la religione mediante la costruzione di chiese, che dovevano nella loro intenzione coinvolgere anche l’assetto urbano (cioè non si poteva più professare la religione clandestinamente fuori dalle mura ma bisogna avere degli edifici anche all’interno della città).
Bisognava creare un’architettura che potesse emulare quella pagana, per questa ragione l’architettura promossa da Costantino si contraddistingue per la grandiosità delle dimensioni (in quanto non si poteva creare strutture estremamente articolate come la basilica di Massenzio, la cui struttura comportava una conoscenza tecnica notevole ed una disponibilità economica che i cristiani non possedevano in quanto dovevano costruire più edifici in varie parti della città), un’elemento che poteva essere di confronto con l’architettura pagana era la ricchezza decorativa, si assiste quindi ad un cambiamento dell’uso dei materiali a fini decorativi (sopratutto quelli utilizzati per gli arredi, comincia ad essere usato sempre di più l’oro e l’argento), già le prime chiese costantiniane manifestano questo volere (come la chiesa di San Giovanni in Laterano del 313 e quella di San Pietro a Roma iniziata nel 319 e terminata nel 329).
Costantino inizialmente concentra la sua attenzione sulla città di Roma, non dimenticando la città di Treviri, dove costruisce una cattedrale ancora in parte esistente e dove costruisce anche un palazzo imperiale, la cui basilica ha avuto notevoli effetti sull’architettura carolingia ed ottoniana.
La chiesa di San Paolo fuori le mura e San Pietro non solo altro che il risultato di un’opera di sistemazione di tutto quello che si svolgeva nelle domus aeclesie, cioè quando il culto diventa libero si costruiscono edifici nuovi che andava organizzato per osservare le esigenze che il rito comportava (cioè la messa per i catecumeni ed i fedeli, la divisione tra clero e fedeli e tutte le altre cose di cui abbiamo parlato), questo edificio presenta tutta una serie di divisioni interne che devono corrispondere a queste esigenze.
Mentre le catacombe non avevano perso il loro ruolo di luogo sicuro nel quale professare la fede cristiana (in quanto la religione era ormai libera), il filone delle aree cimiteriale all’aperto rimane e le tombe dei santi o martiri vengono racchiuse in un’unico edificio (come avviene in San Lorenzo fuori le mura), si procede quindi alla costruzione di un’unico edificio che contiene all’interno le tombe che prima erano all’aperto e comprende anche l’ambiente o tettoia che serviva per il banchetto, quindi gran parte di queste strutture pre-costantiniane scompaiono per essere inglobate in una struttura unica che assume la forma di aula con una parte terminale circolare, che regolava il percorso intorno all’altare, il quale occupava la parte estrema della costruzione (come negli ippodromi e nell’architettura circense). Tutta l’area di Roma si popola di queste chiese cimiteriali, sono tutte chiese che presentano caratteri molto diversi dalle chiese realizzate da Costantino (cioè San Giovanni e San Pietro).