Introduzione al mondo Paleocristiano
Introduzione all'architettura Paleocristiana (parte II)

Il periodo di Costantino

  • Architettura paleocristiana a Roma

L'evoluzione della città (dalla dominazione greca a quella imperiale)


Nella città di Costantinopoli (l’attuale Istanbul) possiamo studiare le diverse fasi della fondazione di una città dove possiamo verificare le differenze della sovrapposizione di quattro modelli urbanistici (un caso unico nel suo genere). Pur essendo stata fondata su un’insediamento precedente (cioè Bisanzio) la città dispone di un fondatore nella persona di Costantino e di una data precisa di fondazione, il 330 d.C.; una città che dispone di un programma predefinito come centro amministrativo e residenziale dell’imperatore e allo stesso tempo occupa per 11 secoli la funzione di centro culturale e politico di tutto il bacino del mediterraneo. Con la sua fondazione della città conosciamo la sovrapposizione di 4 modelli urbanistici, il primo quello greco-ellenistico (quindi il primo insediamento che si chiamava Bisanzio aveva tutte le caratteristiche di una città greca nell’età ellenistica), con Septimnio Severo nel II secolo viene applicato come modello nuovo urbanistico, quello romano (ovvero con questo imperatore ci troviamo di fronte ad un processo di romanizzazione della struttura greco ellenistica della città); arriva poi Costantino, siamo di fronte ad un’altro modello con un grande progetto urbanistico; come modello Costantino aveva a disposizione l’esempio delle città che erano state costruite in seguito all’utilizzo del sistema governativo chiamato tretrarchia (ovvero l’enorme estensione dell’impero visti i problemi di gestione locale che entravano in conflitto con il potere centrale, l’imperatore Diocleziano aveva proposto un sistema diverso di gestione del potere dell’impero, ovvero la duplicazione dei ruoli degli augusti e dei cesari, questo aveva portato a prendere in considerazione il trasferimento della sede dell’imperatore in un’altra città dell’impero, quindi la scelta di Costantono di spostare il centro dell’impero non era un fatto nuovo), quindi lo stesso Costantino aveva costruito un palazzo a Treviri, Diocleziano a Spalato oppure altri imperatori avevano scelto altre città, di conseguenza tutti i modelli utilizzati per la costruzione dei palazzi imperiali in queste città di periodo tetrarchico aveva risolto i problemi tipologici e del sistema urbanistico (ovvero avevano definito gli elementi essenziali e le strutture che vanno a formare un centro del potere imperiale) ora il sistema urbanistico significa creare un’impianto di città che si basa necessariamente su una idea di città (per esempio il modello greco ellenistico era definito ippodameo ed era definito da una griglia di strade perpendicolari tra loro; le città romane erano fondate su un modello diverso, il castrum romano, impostato su due strade principali, il cardo e il decumano perpendicolari tra loro). Con Costantino ci troviamo di fronte ad un piano che considera sicuramente le strutture presenti a Roma (cioè il centro dell’impero romano), ma per le condizioni orografiche del sito è chiaro che questo modello viene adattato ad una situazione completamente diversa, però qui interviene un fatto importante ovvero che la città diventa il centro del mediterraneo, proprio per questo ruolo dall’oriente arrivano nuove concezioni di città e dall’occidente le esperienze accumulate nel mondo ellenistico e in quello romano; possiamo quindi troviamo sul piano urbanistico di Costantino i riflessi di questa interazione tra la concezione di città dell’oriente e dell’occidente (elementi che lui scegli sono maturati in oriente, per esempio la via porticata è un’elemento urbanistico ellenistico, la forma che sceglie per il suo foro romano è circolare, questa forma non esisteva in occidente ma era un modello urbanistico usato in oriente, poi la moltiplicazione degli spazi pubblici, ovvero con la presenza di un’unico sovrano il foro unico aveva perso la sua importanza, quindi la moltiplicazione di più spazi pubblici piazze, foro e strade porticate diventano fondamentali di carattere collettivo e pubblico che caratterizzano la struttura urbanistica). Come sappiamo Costantino con l’editto di Milano nel 313 d.C. liberalizza la religione cristiana, questo è importante perché molti studiosi hanno visto nella visione costantiniana la tendenza di costruire una città cristiana, ma in realtà le sua strutture realizzate da Costantino sono di carattere civile, l’unico edificio di carattere religioso è quella della prima chiesa di Sant’Irene e dei Santi Apostoli (mentre la prima Santa Sofia venne progettata dal figlio Costanzo).
Altre motivazioni che spinsero Costantino a spostare la capitale fu lo scontro con il Senato conservatore a Roma, la terza motivazione è la forte crescita del cristianesimo a partire dall’oriente che ha portato Costantino a trasferire il centro dell’impero a Costantinopoli, Costantino capisce l’importanza dei movimenti che provengono dall’oriente (come il cristianesimo) ultima motivazione e la più importante è il suo sito straordinario dal punto di vista strategico, infatti la città un punto importante di collegamento tra oriente ed occidente non solo per via terrestre ma anche per via mare. Si può dire che tutte le scelte architettoniche ed urbanistiche in qualche modo sono sintesi tra i modelli orientali e quelli occidentali, come del resto le scelte urbanistiche ed architettoniche di Costantino troviamo la sintesi tra il castrum romano e la reggia ellenistica.
La fase successiva, con l’imperatore Teodosio il cristianesimo diventa una religione di stato e a questo punto diventano importanti i centri teologici, infatti sappiamo che prima di questa data non esistevano all’interno della città strutture monastiche e poche chiese, subito dopo si avvia la costruzione di 14 chiese, si avvia un processo di cristianizzazione, un processo importante per la realizzazione degli spazzi religiosi, sopratutto con Giustiniano nel VI secolo, nel giro di 50 anni per l’aumento del numero delle chiese e poi in meno di 100 anni troviamo anche i monasteri che prima erano collocati al di fuori delle mura della città (questa caratteristica la differenzia molto da altre città dell’impero). 
Riassumendo prima troviamo la cultura greco ellenistica, poi il processo di romanizzazione  avviato con Semptimnio Severo, portato avanti da Costantino, ed infine la cristianizzazione con Giustiniano; dopo la città continuerà ad essere centro dell’impero fino al 1453, quando diventa capitale dell’impero ottomano, mantenendo la sua funzione di centro culturale, politico e commerciale del mediterraneo. 
Un’altro punto importante va detto che quando parliamo dell’architettura bizantina in realtà parliamo di un stile cresciuto della fondazione della città fino al 1453 che però durante questo periodo non veniva chiamata bizantina (il termine tra 800 e 900) ed indica l’intervento iniziato da Costantino proprio in questa parte del mediterraneo; però l’influenza del mondo bizantino non si limita solo all’area balcanica.
L’influenza bizantina si propaga per gran parte del mediterraneo, infatti molte architetture (dell’europa orientale) sono caratterizzate dallo stile bizantino, ma anche l’Europa occidentale e l’Italia compresa la Liguria, si forma a partire dal IV secolo sino al VI un modello urbanistico caratteristico con una strada porticata, che formava l’asse principale della città, a Genova troviamo via Sottoripa, che riprende il modello di via porticata di Costantinopoli (quello che veniva chiamato mese embolos); infatti i padri del comune di Genova chiedono agli architetti di costruire un’embolos su modello di quello costantiniano; inoltre fino al 600-700 a Genova venivano chiamate apoteche, che nel tempo diventa bottega, termine di origine greca; poi ci sono altri elementi che arrivato con lo scambio delle merci che porta con se nuove concezioni tra cui elementi urbanistici; non a caso nel 1300 Sottoripa si chiamava bazzarà, infatti in origine le arcate erano chiuse, che la rendevano un vero bazar (un modello urbanistico ottomano). Ma anche l’alternanza di strisce bianche e nere sono di derivazione bizantina, anche se a Costantinopoli erano fasce di pietre alternate a mattoni, questo modello arriva in Andalusia e diventa bianco e nero, da qui poi arriva a Genova ed in altre città italiane.

Quando Costantino sceglie Costantinopoli, oltre alle città del periodo tetrarchico, guarda in maniera diretta al vecchio centro dell’impero, questo il confronto costante con questa città percorre tutta la storia di Costantinopoli; innanzitutto la città viene suddivisa in 14 regioni (esattamente come Roma), a livello architettonico, urbanistico, istituzionale e culturale i primi passi sono sempre analizzare e studiare i modelli che si trovano a Roma, per capire la caratteristiche principali del progetto di Costantino partiamo dal luogo scelto, ovvero Bisanzio (il cui nome è un titolo di carattere generale per indicare il re). Per arrivare alla forma definitiva si parte dalla città di Bisanzio, una piccola città con 20-30000 abitanti, che aveva elementi caratterizzanti una città greca: una acropoli, due porti importanti (neorion e prosphorion uno di carattere commerciale e l’altro di carattere militare), lo strategion (che era l’agorà della città greca), troviamo poi il teatro e ai piedi della acropoli il Tetrastol (una piazza pubblica), infine le mura della città; la scelta per la sua importanza strategica.
Un recente studio ha fatto un’analisi importante, ovvero tenendo conto della linee di costa e della posizione dell’acropoli, ma sopratutto studiando la disposizione dei due porti e la maglia regolare di alcuni elementi pubblici, ha proposto un modello tipicamente ellenistico a maglia ortogonale, anche se non è regolarissima, dovuto alle condizioni orografiche del sito (si passava da 6 a 32 metri).
Con Septimnio Severo la questione cambia ovvero gli architetti tengono conto della maglia preesistente (fatto molto importante), quindi non viene creata una città con asse di crescita completamente diversa da quella precedente, ma vengono introdotti da lui elementi essenziali per il processo di romanizzazione, ovvero le terme (chiamato Zeuxippos) e l’ippodromo (tetrastoon), o almeno gli propone, lui costruisce una struttura importantissima, ovvero una via porticata utilizzata nelle città ellenistiche dell’oriente, che assume il nome di mesè (che significa “in mezzo”), che finisce nella porta principale della città e al di fuori delle mura c’erano le necropoli. Ora l’inserimento di questo nuovo elemento in qualche modo definisce il successivo sviluppo urbano, quindi mantiene la maglia ortogonale di origine greca e per lo sviluppo successivo propone quello della via porticata, che adesso finisce in quella che prima era il tetraston greco.
Costantino ha a che fare con una situazione di questo genere, quello del predecessore non era per costruire una capitale, Costantino ha a che fare con un grandissimo progetto, per realizzare un centro adeguato al centro dell’impero pensa un progetto complesso; se la città era di 20 30 mila abitanti, gli ingegneri pensano ad una città di 100-150 mila abitanti, la superficie del primo intervento di Septimnio Severo era 200 ettari, quella di Costantino a 500 ettari, anche se non la finisce. Lui deve definire la città che si definisce attraverso agli assi viari, che devono tenere conto di una struttura importante e precedente, ovvero la strada costruita da Septimnio e deve tenere conto delle città sperimentate da altri imperatori, ovvero un modello urbanistico che tiene conto innanzitutto della presenza dell’ippodromo e la sua continuità con il grade palazzo. 
Anche lui approva il disegno dell’ippodromo, delle terme e del grande palazzo (anche se in realtà si tratta di un’insieme di edifici). Ora quando Costantino prende come riferimento l’ippodromo ed il tratto della via porticata realizzata da Septimnio per creare l’orientamento del nuovo sviluppo della città, inserisce subito il suo foro, un grande spazio circolare caratterizzato essenzialmente dalla presenza del Senato. 
Tenendo conto della maglia ortogonale di questa parte della città Costantino intende crea due poli diversi, ovvero un polo religioso con Sant’Irene ed un polo civile, mentre l’ippodromo che era considerato punto di incontro tra imperatore e popolo, creando questo spazio inserisce anche il grande complesso palazziale. Anche in questo caso, come a Roma, Salonicco e in molte altre città, il rapporto tra il popolo e l’imperatore era creato dall’ippodromo. Lo spazio di incontro che si crea tra l’asse della via porticata ed il complesso palazziale viene indicato da un’elemento architettonico importante che caratterizza lo spazio urbano (attraversò l’inserimento di elementi puntiformi come obelischi, archi di trionfo o tetrapilo), ovvero il milion o tetrapilo, che aumentava la monumentalità dello spazio urbano (il milion nel periodo di Giustiniano si trasforma in una architettura cupolata vera e propria); anche nell’ippodromo ed in particolare in presenza della spina erano inseriti questi elementi puntiformi.
Come abbiamo detto iI complesso palazziale è l’insieme di vari edifici architettonici e nel caso di Costantinopoli diventa una vera e propria città nella città, si trattava di edifici cinte di mura separate dal resto della città, tutti i membri della corta avevano uno spazio, che venivano collegati da una serie di strutture presi da diversi molte parti del Meditterraneo (come gallerie, passaggi, giardini, eccetera), tutto insieme scollegato dalla città ma collegato all’ippodromo attraverso la struttura voltata chiamata kathisma, che serviva all’ingresso dell’imperatore. 
Con il passare del tempo l’ippodromo diventa una vera città, infatti questa zona era caratterizzata da una serie di terrazzamenti a partire da 6 metri fino ad arrivare a 36, tutte le strutture di sostruzione creavano una serie di ambienti che venivano utilizzati per diverse funzioni. La struttura principale dell’ippodromo era caratterizzato dalla spina (che divideva le due corsie), aveva una larghezza di 123 metri e di lunghezza più di 450 metri. si entrava dalla parte orientale della struttura formata da 12 percorsi e chiamata carceri (da cui partivano anche i carri), questa parte era sovrastata una torre alta 23 metri (su cui era collocata una scultura di una auriga). La spina in realtà era un percorso formato da questi elementi verticali ma che di per se formava una sorta di lunghissima vasca d’acqua per esaltare la presenza degli elementi verticali (che erano di diversi tipo, come obelischi o colonne, che venivano trasportati da altre parti dell’impero; sulla base della colonna troviamo varie decorazioni che ci hanno permesso di capire il compito della Kathisma, l’unico punto che collegava l’ippodromo al grande complesso palazziale). Sulla parte occidentale un emiciclo porticato chiamato sphendoné, che veniva trattato come un fronte di un palazzo, mentre al piano terra vi era una piccola città sotterranea, infatti si trovavano una serie di spazi che svolgevano funzioni pubbliche.
Dopo l’ippodromo arriviamo al foro circolare di Costantino collegato al mesé, innanzitutto questa zona era condivisa tra la VI e la VII regione, nella parte alta si inserisce un’altro senato, sulla parte destra il tribunale del foro e in basso il ninfeo; si tratta di uno spazio porticato su due piani, al centro una colonna di porfido (alta 25 metri e diametro 2,90 metri) sulla quale era presente la statua dell’imperatore; il modello di riferimento sono le città orientali, come Jerasha. Non era solo una colonna ma c’era anche un’enorme basamento che non era altro che un tetrapylon all’interno del quale la gente andava a pregare e a portare i suoi doni all’imperatore.
Andando verso occidente troviamo una prima struttura trasversale e verticale (che viene indicato dalla struttura del tretapilon) e che lega la parte bassa (il mare di Marmara) con la parte alta (dove esistevano due porti); questa struttura secondaria si trasforma in epoche successive in una struttura prettamente di carattere commerciale (basti pensare che le repubbliche marinare avevano qui le loro sedi). Andando ancora ad occidente la struttura della città era caratterizzata da queste vie porticate ed arriviamo ad una punto in cui la strada si divide, in alto andava verso le parti interne dell’impero, la parte bassa portava alla porta Aurea verso la via aeglasia, che collegava la nuova Roma a quella vecchia. All’incrocio si forma uno spazio che guarda ad un modello importante a Roma, ovvero il Campidoglio, ovvero un santuario dedicato alla triade capitolina, ma questi riferimenti non sono più di carattere religiosi ma la sua funzione diventa con Teodosio quella che viene chiamata università di Costantinopoli, nella parte alta c’era il Philadelphio, una piazza dove vi erano varie statue portati dal resto dell’impero.
Uno degli elementi e dei problemi più importanti della città era quello di come far arrivare l’acqua potabile, perché da questo punto di vista era in una situazione gravissima, per questo si iniziano a creare delle strutture adatte per il rifornimento d’acqua, innanzitutto il rifornimento era garantito dall’acquedotto di Valente, poi dalla creazione di una serie di cisterne (che ognuna è un capolavoro di ingegneria vedremo perché), ma la struttura dell’acquedotto (costruito nel 373 dell’imperatore Adriano, ma viene restaurata da Valente) non solo per le sue funzioni ma anche per il linguaggio architettonico rimanda al mondo romano, era la prima struttura per portare l’acqua. La cosa importante è che se si pensa all’orientamento greco ellenistico della prima parte della città, notiamo che l’acquedotto segue una delle linee della griglia però era orientato verso la piazza principale (che si trovava tra il grande palazzo, l’ippodromo e poi Santa Sofia), chiamata Augusteo (in onore di Augusta Elena madre di Costantino). 
Oltre a questa struttura vengono costruite le cisterne, due in particolare erano importanti di fronte a Santa Sofia (chiamata Yerebatan, che occupa la posizione che in antico veniva chiamata basilica) e l’altra era la Bin bir direk (vicini all’ippodromo, il suo nome significa “mille ed una colonna”), erano due modelli di riferimento importantissimi non solo dal punto di vista funzionale ma anche dal punto di vista strutturale per il periodo successivo.
Si tratta di cisterne enormi, la prima era 138 per 65 metri, l’interno era formato da 28 file di 12 colonne (336 colonne in totale), non a caso molti storici parlano di una foresta di colonne (una definizione che troveremo nella moschea di Cordoba in Spagna); gran parte dei capitelli erano elementi di prelievo (presi dal altre architetture), come le colonne, mentre nella parte alta (in quello che viene definito “attacco al cielo”) troviamo una serie di archi incrociati, che crea un movimento straordinario, ci troviamo di fronte ad uno spazio estremamente vasto.
Nell’altra cisterna si introduce un’elemento nuovo, dopo l’esperienza precedente si era visto uno spazio del genere, basso e molto lungo, dava un senso di pressione, allora decidono di sovrapporre le colonne raddoppiando l’altezza e ponendo una colonna sopra l’altra, raccordate da un dado (questa soluzione viene ripresa a Cordoba), la soluzione permette di raddoppiare la capienza della cisterna e dal punto di vista architettonico ed estetico il rapporto tra l’altezza ed il basamento viene risolto; nella parte alta troviamo una struttura a serie di archi incrociati fatti di mattone, che diventa un’elemento caratteristico nella cultura costruttiva bizantina sopratutto a partire dal VII secolo; (queste soluzioni verranno prese in altre parti dell’impero).
Passiamo adesso agli spazi pubblici (siamo arrivati a descrivere fino al Philadelphio del periodo di Costantino), in realtà su queste due strutture urbane vengono creati altri spazi pubblici, innanzitutto il foro di Teodosio I, con il quale cambiano le scelte progettuali, infatti mentre con Costantino vi era un riferimento al mondo orientale e quindi la struttura era circolare; con Teodosio si ritorna alle forme quadrangolari tipiche di Roma, un modello che viene usato per altri due spazi urbani. 
In questo periodo storico si formano due porti importanti, infatti sebbene fossero già presenti due porti, l’enorme crescita della città necessita la creazione di due nuovi porti, ovvero il porto di Giuliano e di Teodosio (importanti dal punto di vista funzionale e commerciale), poi abbiamo già visto la costruzione alla fine del IV secolo dell’asse trasversale (quello che molti studiosi ritengono sia un riferimento al cardo del modello romano); da Teodosio i poi sopratutto da Giustiniamo, questo asse assume una funzione prettamente commerciale (troviamo infatti molto macellum, che possiamo considerare dei punti di vendita) e notiamo tutte le tipologie utilizzate avevano come riferimento a Roma.
In parallelo al primo asse viene creato un’altro asse, che è sempre funzionale al commercio, infatti avviene un processo urbanistico molto importante, ovvero se prima le funzioni commerciali erano concentrate nell’agorà e nel foro, con la crescita della città c’è un’abbandono di questa parte pubblica, trovando spazio lungo le vie porticate; infatti se prima si trattava solo di una via porticata senza alcuna funzione, a partire da questo momento si creano degli spazi per la vendita sotto i portici, poteva per esmpio essere degli horrea, ovvero uno spazio molto semplice e molto allungato (all’incrocio di queste strade vi erano in genere dei tetrapilon). Questa via viene chiamata a partire da questo momento storico in poi Embolos.
All’interno dello spazio del foro di Teodosio, che aveva come unica funzione quella celebrativa, era presente una colonna, il cui modello era Roma, poi ai due lati del foro, dove arrivava il mesè, vi erano due archi celebrativi.

Infine arriviamo ad un periodo molto impostante ovvero quello di Teodosio, si tratta della formazione di una capitale dell’impero, una schema semplice, funzionale e di una qualità straordinaria. 
Durante il tempo la città continua a svilupparsi e non basta più la città progettata da Costantino, devono quindi decidere dove collocare la cinta, gli ingegneri si mettono a lavoro ed hanno a disposizione un modulo ovvero un miglio romano (che sono 1480 metri), per questo prendono il Milion, ovvero punto di incontro tra l’ippodromo ed il grande palazzo e da dove partiva il mesè, allora loro prendono il miglio come misrura e tracciano un’arco con il centro nel Milion con un raggio di tre miglia romane, questo era il punto ideale per tracciare il limite della cinta muraria (ovvero aggiungono un’altro cerchio e si raggiungono tre miglia romane), questo nel 400 d.C e avevano tenuto conto della crescita della popolazione e della estensione ottimale, tenendo conto delle due strutture monumentali della città, quindi la città assume una fisionomia definitiva, che rimane tale per 11 secoli.
Una volta definito il limite, la prima cosa che fa Teodosio è costruisce una doppia cinta muraria (costituita da pietre e mattoni) con una complessità incredibile; si tratta di mura con altezza interna di 11 metri (con 96 torri di forme diverse 74 quadrate, 14 ottagonali, 5 esagonali e 2 rettangolari ad intervalli regolari di 70-75 metri), dopo troviamo un fossato largo 15-20 m e profondo 5-7 metri, in più 92 piccole torri e 10 porte, la più importante delle quali la porta Aurea (importante dal punto di vista architettonico per volontà di arrivare ad un disegno piramidale piramidale per le aperture, lo troveremo in diverse catterdrali medioevali); dopo, nel 439 d.C. anche i lati mare vengono dotato di cortine murarie. 
In questo periodo per la prima volta con Teodosio Costantinopoli supera Roma, per la costruzione ed il tipo di questa struttura e l’estensione della città arriva a 1400 ettari, mentre nello stesso periodo Roma arrivava a 1380.

Con Giustiniamo (VI secolo d.C.) inizia un periodo di conquiste, perché l’imperatore ha l’intenzione di portare a termine il progetto di rinovatio imperi, infatti nel V secolo Roma cade e l’unico centro dell’impero rimane Costantinopoli, non a caso in questo e in quello successivo Costantinopoli arriva a 50000 abitanti. Le sue campagne di riconquista di Giustiniano lo portano da un lato a conquistare le terre che nel periodo precedente sono state sottratte all’impero, ma allo stesso tempo deve pagare un conto salatissimo, ovvero tutti i suoi interventi dal punto di vista architettonico ed urbanistico hanno sempre caratteri militare. Tutti tranne le chiese, si assiste ad un processo di cristianizzazione, Giustiniano infatti non pensa più di inserire elementi che ricordassero l’antica Roma ma pensa di aumentare i luoghi di culto; i monasteri vengono costruiti anche all’interno delle città, che prima non avevano il permesso di essere costruiti, quindi tutta l’attenzione dell’imperatore era concentrata su architetture religiose. In tutti gli elementi di Giustiniano (tranne a Costantinopoli dove esistevano già) elemento fisso dei suoi interventi sono le vie porticate e la costruzione di cinta murarie imponenti. 
Come succede nella sua città natale, dove troviamo la piazza principale, la via porticata e le mura di cinta, però troviamo anche enormi complessi religiosi, come i monasteri; questo comporta una notevole novità, infatti i monasteri all’interno si trasformano come luoghi di accoglienza di viandanti e malati e qui si creano tipologie nuove, come il Pandokeion che altro non era che un’ospedale, ora questo pandokeion, che nel mondo andaluso arabo diventa fonduc, che torna in Italia e diventa fondaco, ovvero luoghi di accoglienza.
A Costantinopoli Giustiniano si trova di fronte ad una struttura già matura e concentra la sua attenzione nella costruzione di edifici religiosi ed approfitta di un incendio che distrugge le due chiese che già esistevano (Santa Sofia e Sant’Irene), questo gli permette di progettare una nuova architettura basata sulla presenza della cupola, riprogetta quindi Santa Sofia (che era una sintesi tra oriente ed occidente) e ricostruisce Sant’Irene, che hanno come elemento fondamentale la cupola, poi ristruttura il resto del palazzo.
Progetta anche una piazza chiamata Augusteo, uno spazio contornato da portici e di fronte l’edificio del senato, qui colloca la sua statua e diventa punto di riferimento tra il palazzo in basso e lo spazio religioso della città in alto.

Per quanto riguarda Santa Sofia, noi sappiamo che li Phanteon aveva una base circolare, Santa Sofia si appoggia si quattro pilastri quindi la basi della cupola e quadrangolare, bisognava risolvere gli angoli di passaggio da una base quadrangolare a quella circolare.

L’età d’oro di giustiniano (regno tra il 527 e il 565)
Abbiamo visto la trasformazione da un centro urbano greco-ellenistico chiamato Bisanzio, in un centro urbano che diventa capitale dell’impero romano d’oriente, cioè Costantinopoli nel IV secolo, abbiamo anche visto che un secolo prima inizia un processo di romanizzazione con Septimnio Severo (che da la forma definitiva alla parte iniziale della città di Costantinopoli); con Costantino inizia un forte processo di monumentalizzazione dello spazio urbano con la costruzione del grande palazzo (che è una aggregato di palazzi) e una serie di spazi collettivi e pubblici (che hanno indicato l’andamento principale della città); con Costantino il cristianesimo diventa una religione libera e con Teodosio diventa la religione di stato e principalmente con Teodosio II si avvia un processo di cristianizzazione della stato e della capitale. 
Con Giustiniano inizia un periodo importantissimo per l’architettura, infatti con lui inizia una radicale innovazione del linguaggio architettonico e dell’uso della struttura architettonica (intesa come tecnica costruttiva) senza precedenti, arrivando alla costruzione di Santa Sofia; inoltre questi temi ci permettono di affrontare l’evoluzione di schema progettuale di un’edificio (ovvero quale è il concetto di base che definisce una architettura, dal punto di vista spaziale), poi i materiali costruttivi, la tecnica costruttiva e nel concetto spaziale come vengono utilizzati due temi fondamentali, ovvero la luce ed il colore; nel caso di Santa Sofia (che analizzeremo alla fine del percorso) vediamo come  esista un’equilibrio tra le proposte compositive e progettuali e le tecniche costruttive, nello stesso tempo notiamo come l’uso dei materiali e delle decorazioni tende a smaterializzare la materia. 
Ma prima di vedere le realizzazioni giustinianee vediamo gli interventi che Giustiniano attuò principalmente nella parte centrale della città; infatti l’imperatore cercò di recuperare una serie di strutture (come il circo, il grande complesso palazziale e le stesse santa Irene e Santa Sofia) che furono distrutte nella rivolta del 532, con la quale Santa Irene, Santa Sofia e gran parte del palazzo vengono dati al fuoco, quindi durante l’impero di Giustiniano ci troviamo di fronte ad un processo di ricostruzione e di rinnovamento urbano. Costantino quindi comincia a ristrutturare gran parte degli edifici che sono stati distrutti (come le terme o l’ingresso del palazzo, chiamato chalkè, il senato e la piazza Augustana, nella quale interviene con l’inserimento di una colonna monumentale), mentre Santa’Irene fu la cattedrale della città costruita da Costantino, Santa Sofia, era stata costruita da Costanzo II (figlio di Costantino) e consacrata nel 360. 
Giustiniano inizia il suo intervento nell’area centrale (a differenza di tutti i suoi predecessori che invece puntavano sullo sviluppo della città lontano dal centro), riformando quell’equilibrio tra il polo religioso (costituito sa Sant’Irene e Santa Sofia), quello imperiale (costituito dal palazzo) e l’ippodromo (luogo di incontro tra la gente e l’imperatore); inoltre mantiene l’importante asse costituito dal mesè, cercando di recuperare gran parte dei negozi. 
L'Occidente continua a considerare la basilica come l'unica forma appropriata di chiesa per tutto il medioevo e anche oltre. I sistemi a volta dei secoli romanici e gotici e i loro vari repertori di forme lasciano immutato il principio. D'altra parte l'architettura di Giustiniano in Oriente rompe con la tradizione della basilica e quindi con una tradizione che risale a remote epoche romane. Volgendosi a edifici a pianta centrale e coperti a volta, gli architetti di Giustiniano riprendono concetti architettonici che si erano venuti sviluppando e certamente erano giunti a maturazione nell'architettura del tardo impero: nelle aule dei palazzi, negli edifici funerari, nelle terme e nei giardini, sin dal III e IV secolo almeno. Da queste premesse gli architetti di Giustiniano creano un'architettura chiesastica che costantemente si fonda su una pianta centrale e quasi sempre è coperta a volta e culmina in una cupola centrale; una scelta che avrebbe determinato la fisionomia e lo sviluppo dell’architettura orientale per un migliaio di anni o più.
Fondamentale intervento di Giustiniano, di cui parleremo, è quindi l’introduzione di un linguaggio architettonico che utilizza fortemente l’elemento cupola (si parla di una città con mille cupole), un’elemento che rappresenta un’edificio pubblico. 
Abbiamo parlato delle trasformazioni della zona centrale della città, ebbene la piazza che si trova nei pressi di Santa Sofia si trasforma e diventa una vera e propria piazza reale, grazie all’inserimento di una colonna (che ha un forte connotato politico in quanto è le statua è rivolta vero i persiani, nemici dell’impero), alta quaranta metri; si tratta dell’intervento più importante di caratteri civile. 
La sua attenzione è concentrata su edifici religiosi, però prima bisogna fare un passo indietro al periodo di Costantino, abbiamo visto che le sue intenzioni erano quelle di creare una città imperiale non cristiana, ma le fonti ci confermano la presenza di cinque chiesa fatte da lui (San Mocio, Sant Acacio, che sono chiese martoriali dedicate ai santi locali e poi Sant’Irene e la chiesa dei Santi Apostoli; in realtà c’era anche Santa Sofia, anche se è stata realizzata da Costanzo II). 
La prima chiesa di Santa Sofia venne realizzata da Costanzo II, come vedremo, ha tutti gli elementi canonici di una basilica cristiana (anche se in realtà la basilica è una tipologia romana pre-cristiana, che non aveva un carattere definito), i romani diedero questa forma di base, con un’atrio (o peristilio, con al centro una fontana per le funzioni religiose), uno spazio porticato che precede la sala di preghiera (che si chiama nartece), dopo entriamo in uno spazio con sviluppo longitudinale (perché per le processioni e le funzioni del cristianesimo era importante avere un percorso) con tre o cinque navate, quella centrale era più grande delle laterali; questo percorso porta ad un’abside; ora nelle chiesa costruite da Costantino a Roma è presente uno spazio che precede l’abside ed attraversa perpendicolarmente le navate (si chiama transetto); questa è la struttura di una basilica cristiana. 
All’esterno di una basilica di questo tipo vediamo l’abside sporgente, questo è un tratto distintivo del linguaggio di Costantinopoli, in particolare l’abside poligonale esterno e semicircolare all’interno. 
Il percorso che andremo adesso ad analizzare (attraverso una serie di esempi) si può riassumere analizzando la chiesa progettata da Costanzo II (che poi venne distrutta) possiamo notare le differenze con l’intervento di Giustiniano, avviene un processo significativo, mentre tra il IV e V secolo la tipologia preferita era quella a tre o a cinque navate, con il IV secolo inizia un processo che tende a trasformare l’impianto della basilica da longitudinale a quadrato. Teodosio riprende elementi monumentali dell’architettura romana e gli usa per la facciata della chiesa; rimandi all’architettura romana antica, compresa la forma del capitello, questo è importante perché durante Giustiniano tutti questi elementi vengono profondamente trasformati.

La basilica dei Santi Apostoli


Non sono rimaste nemmeno tracce della chiesa del IV secolo dedicata ai Santi Apostoli, che fu sostituita nel 536 dalla chiesa giustinianea e nel 1469 dalla moschea di Maometto il Conquistatore, la Fàtih.
La prima novità che osserviamo è la pianta a croce greca (ovvero con tutti i bracci uguali), cui era annesso un mausoleo (che era la tomba di Costantino); le cinque cupole che vediamo al di sopra della copertura sono un’intervento di Giustiniano, perché per un incendio viene distrutta e completamente ricostruita nel VI secolo. Ora per capire meglio come era fatta la chiesa dei Santi Apostoli dobbiamo rivolgersi alle fonti storiche, le quali dicono che Giustiniano ha costruito ad Efeso la chiesa di san Giovanni, su modello della chiesa dei Santi Apostoli (aggiungendo un’altra campata).
L'edificio giustinianeo riprese da quello costantiniano la pianta cruciforme, col braccio d'ingresso forse leggermente più lungo degli altri tre. Cinque cupole erano sostenute da massicci pilastri agli angoli della croce e coprivano sia i bracci che la crociera; navatelle e gallerie correvano su quattro lati dei singoli bracci e si aprivano sulle navate attraverso due file di colonne. Sotto la cupola centrale, l'unica che fosse illuminata da finestre, era situato il presbiterio cruciforme; le altre cupole erano buie e chiaramente un po' più basse, forse erano semplici cupole a vela.

Chiesa di San Polieucto (o Anicia Giuliana)


Arriviamo a San Polieucto (524-527); la chiesa venne commissionata dalla principessa Anicia Giuliana, la sua è definita da alcuni storici una rivoluzione, perché sino ad ora abbiamo visto che gli edifici basilicali avevano comunque una struttura coperta dal legno, in questo caso la struttura vien coperta da una volta o da una cupola (non si sa), si propende per la soluzione a cupola in quanto sono state trovate delle fondazioni della navata centrale di 7 metri (molto grandi), poi sono presenti una serie di contrafforti nel nartece, registriamo anche la presenza di capitelli a cesto ed infine la presenza delle esedre (che sono degli spazi semicircolari che normalmente arrivano a due piani, la loro funzione è in genere quella di distribuire il peso che arriva dall’alto in spazi vuoti). Si parla di rivoluzione perché qui tutte le strutture vengono riformate secondo una nuova concezione dello spazio, per esempio le colonne, i pilastri, i capitelli e addirittura le superfici di alcune pareti vengono scolpiti e smaterializzate attraverso la tecnica del traforo (attraverso la creazione di zone in luce e zone in ombra crea uno spazio molto più dinamico, creando delle sculture dinamiche); questa tecnica la troviamo per la prima volta in questa chiesa, che per molti aspetti si avvicina a Santa Sofia.

La chiesa di Sant'Irene


Iniziata nel 532, forse, sul sito della prima cattedrale di Bisanzio, che era andata distrutta senza lasciare tracce in un incendio nei giorni della rivolta di Nika, la nuova chiesa fu rifatta completamente dopo un terremoto nel 740
Si tratta di una architettura interamente ricostruita da Giustiniano, per questo elemento fondamentale è la cupola, abside sporgente e due navate piccole; del quadriportico non rimane niente ma c’è ancora il nartece. 
La chiesa si presenta come basilica a cupola con gallerie: la navata composta da due campate principali, la prima suddivisa in due parti disuguali coperte con volta a botte, la seconda quadrata e sormontata da una cupola; un antecoro coperto con volta a botte e un'abside chiusa all'esterno nei tre lati di un poligono; navate laterali, coperte a volta, terminanti in vani laterali, sono sormontate oggi da matronei coperti a volta come erano nell'edificio originario. Mentre tutto questo è costruito con grossi blocchi di calcare, le parti occidentali della chiesa sono costruite solo in mattoni: un nartece a due piani, coperti a volta; un atrio circondato da quattro portici, quelli del pianterreno con volte a botte; nonostante le differenze nel materiale, navata mediana, nartece e atrio sono ora assegna- ti a un'unica fase edificatoria, quella del 532.
Lo spazio interno è uno spazio tende ad essere centrale ma non riesce ancora ad esprimere questa forza, l’andamento è longitudinale (come quello di una basilica cristiana), compaiono le gallerie (che si affacciano sullo spazio interno) e proprio per la presenza della aperture delle gallerie sui due lati, assume una forma ancora longitudinale; l’esterno si caratterizza dall’abside sporgente e dall’alto tamburo.

Chiesa di San Sergio e Bacco


Arriviamo alla costruzione di una chiesa che molti storici considerano il presupposto più importante a Santa Sofia, si tratta della chiesa dei santi Sergio e Bacco (527-532). Si tratta di una chiesa costruita da Giustiniano, si trova nell’area del grande palazzo ed è una chiesa di carattere privato; presenta una caratteristica molto particolare, all’interno di un quadrato è inserito un’ottagono. Con questa chiesa ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo, ovvero quello a doppio angolato, cioè non ci sono più le navate laterali e tutto lo spazio si concentra in uno spazio centrale e quindi la cupola diventa elemento fondamentale e caratterizzante tutta l’architettura, su quattro absidi ortogonali sono inseriti gli absidi e l’abside si trova di fronte ad un nartece senza il portico. Abbiamo detto che si tratta di una chiesa privata, anche se considerando le dimensioni non si direbbe, infatti la chiesa è di 42 metri ed introduce un nuovo tipo di cupola ovvero quella che viene chiamata ad ombrello. Ora per costruire una cupola serve una base circolare, in questo caso la soluzione è relativamente semplice, perché un’ottagono è vicino ad una base circolare della cupola; troviamo infatti otto pilastri e quindi si risolve attraverso l’inserimento di otto spicchi concavi (in corrispondenza degli spigoli) e otto spigoli assiali piatti (dove sono aperte le otto finestre nella curvatura della struttura), a due piani, gli absidi trifori cercano di alleggerire la struttura (considerando che molte strutture sono in marmo). 
Anche la funzione delle esedre è fondamentale, perché dal punto di vista del rito ortodosso lo spazio che si affaccia su quello centrale ma al primo piano (quindi la galleria) ha una funzione imperiale, cioè l’imperatore assiste alle celebrazioni da questo spazio. Anche qui troviamo l’uso dei capitelli a cesto, in particolare cesto polilobato. La pianta ottagonale a prima vista sembra differire dalla pianta composita di Santa Sofia (fig.63); tuttavia la differenza è solo apparente, e in Santa Sofia sono presenti tutti gli elementi di un ottagono a doppio involucro: la cupola centrale, le nicchie che protrudono, le navatelle e le gallerie tutt'intorno. Ma queste componenti sono state, per cos^ dire, smontate e ricomposte per il lungo, per la semplice ragione che le dimensioni volute per la grande chiesa di Giustiniano rendevano impossibile l'attuazione radiale di una pianta ottagonale. L'ottagono dei Santi Sergio e Bacco e la pianta di Santa Sofia appartengono alla stessa famiglia, sono inoltre quasi contemporanee.

La chiesa di San Giovanni in Studio


La chiesa di San Giovanni di Studio (452-453) si trovava lungo l’asse che portava verso la porta Aurea; qui possiamo vedere le prime trasformazioni, la pianta è una tipica basilica con andamento longitudinale che abbiamo visto, troviamo quindi il quadriportico (o atrio), il nartece, tre navate e l’abside poligonale sporgente all’esterno e semicircolare all’interno. La novità in questa chiesa consiste nel fatto che la navata centrale è più grande della somma delle due laterali, quindi la zona delle navate assomiglia sempre più ad un quadrato. Dall’esterno osserviamo l’uso dei materiali da costruzione (pietra e mattoni), che poi si riflettono anche nei muri interni, ma sopratutto l’abside sporgente, che diventa sempre di più un elemento caratteristico della architetture di Costantinopoli, inoltre per la prima volta troviamo l’uso delle aperture di grandi dimensioni in alto. Notiamo poi il disegno piramidale che da importanza alla porta principale di ingresso, che si affaccia sulla navata centrale, e quelle laterali, che portano alle due navate laterali; tutti elementi che pian piano preparano alla architettura religiosa successiva. La copertura è ancora in legno (il capitello riproduce ancora le forme dei capitelli antichi; anche questa forma sarà notevolmente cambiata con l’adozione il capitello a cesto, che ha forma di un tronco di piramide rovesciato con base inferiore circolare e base superiore quadrata, che permetteva un miglio appoggio dell’arco).

Sant’Apollinare in Classe


Costruita in età giustinianea rappresenta una summa di una serie di esperienze precedenti delle chiese che abbiamo visto; la chiesa si presenta sempre con i caratteri che abbiamo notato, con questa accentuazione dello spazio longitudinale, ma rispetto alle chiese precedenti ha un maggiore movimento spaziale con una differenza di livelli, in quanto è presente la cripta che solleva il pavimento del presbiterio, il che ha reso necessario la sistemazione di una scalinata, la chiarezza dei volumi è esaltata dalla ricchezza di marmi (che provengono dall’Asia minore). 

San Vitale


Viene costruita da Giuliano Argentario, un personaggio citato dalle fonti, probabilmente governatore della città, promotore su mandato di Giustiniano della costruzione insieme al vescovo di allora; iniziata nel 525, quando ancora era vivente Teodorico, la chiesa viene completata nel 547, quando ormai Ravenna si trova sotto il dominio bizantino da almeno sette anni. L’immagine di questa pianta evoca immediatamente le chiese costantipolitane, in particolare San Sergio e Bacco, per la forma planimetrica ottagonale; era interesse da parte della corte bizantina di Giustiniano introdurre la cultura orientale in occidente. L’aspetto importante di questo edificio è quello che pur partendo da premesse giustinianee, in realtà modifica gli elementi formali realizzando un sistema spaziale più vicino alle chiese occidentali, sopratutto San Lorenzo a Milano; che pur facendo riferimento a temi orientali, li nega utilizzando materiali possenti come le strutture murarie, a differenza dell’oriente che lega gli ambienti attraverso effetti cromatici. Come abbiamo detto quello orientale è volto a creare un’architettura illusoria e per la stesura dei materiali favorisce la fluidità di un’ambiente dentro l’altro (poiché gli spigoli non sono perfettamente marcati ma scivolano l’uno dentro l’altro), creando una mobilità che impedisce di leggere la struttura.
In San Lorenzo pur essendo complessa per via della sovrapposizione delle arcate (sia al piano terra che al piano superiore) si mantiene chiarissima il funzionamento della struttura, questo in virtù del fatto che il materiale utilizzato è lasciato libero da ogni sovrapposizione decorativa. Lo stesso avviene a San Vitale, la quale più che essere legata al modello orientale si avvicina maggiormente a quello occidentale rappresentato da San Lorenzo. La chiesa pur avendo un modulo orientale traduce il disegno della pianta in alzato con una spazialità occidentale, questo per indicare che non bisogna giudicare un’edificio dalla pianta.
Attualmente vediamo la chiesa con alcune modifiche, superato l’atrio si arriva all’ingresso e si trova di fronte ad una parete continua, questo perché l’ottagono che forma il perimetro della chiesa non poggia uno dei sui lati alla parete dell’ingresso ma con uno degli spigoli, creando dei triangoli laterali che si presentano articolato nella copertura a fiancate da due torri. L’atrio che abbiamo attraversato è un classico nartece a forcipe (come quello della basilica di Massenzio), la particolare forma determina il fatto che non può esistere un rapporto diretto con l’altare (cosa che avveniva nelle altre chiese dello stesso periodo), infatti il visitatore deve procedere prima attraversando la porta nello spazio triangolare, da cui gode di una visione che non è ancora diretta verso l’altare in quanto viene colpito da un ventaglio di prospettive molto variegato che gli si presentano dinnanzi; ha per questo un’impressione di disorientamento (sopratutto dal punto di vista costruttivo), comincia ad avere una percezione più chiara quando giunge in corrispondenza dell’esedra, dove ha una visione assiale dell’edificio. Quindi quello che prima era un movimento immediato e cinetico, viene invece rallentato attraverso  questi percorsi che trasformano la percezione dello spazio da unitario (che segue un’unica direzione), in un’immagine di spazi dinamici. Spazi dinamici che aumentano il peso della struttura, che diventa ancora maggiore quando il visitatore si dirige verso l’altare, perché quando si trova al centro viene risucchiato verso l’alto dalla notevole altezza e il suo sguardo si volge tutto intorno ed è attratto dalle arcate del piano terra e del piano superiore, ancora una sensazione di smarrimento che non gli consente di avere chiara tutta la struttura ed è colpito dal fatto che non vede dal basso con tutta chiarezza il sistema strutturale dal piano superiore. Il visitatore ha bisogno di un momento di riflessione, dopo inizia a ragionare e vedendo la struttura nella sua logica lineare ne immagina la prosecuzione ed riesce a ricreare la logica strutturale dell’edificio; fenomeno che non avviene nelle chiese orientali (poiché gli spigoli nelle chiese bizantine non esistono, i colori tendono a favorire una visione continua, appiattendo tutte le forme). Questo è un momento decisivo che si verifica sia in oriente che in occidente, le chiese orientali si ispireranno a San Vitale cristallizzando queste forma, le altre continuano un filone autonomo nel senso delle masse.
In sintesi in quest’edificio c’è un tema legato maggiormente all’oriente che è quello di iniziale smarrimento, ma il modo con cui s risolve questo smarrimento è diverso, nel primo caso lo smarrimento rientra nella logica di comprensione dell’intera struttura (ottenuta attraverso l’esaltazione dei singoli volumi, percepiti attraverso la netta distinzione di un’elemento dall’altro), nel caso orientale questo non avviene ed il fedele esce senza avere chiara l’idea della struttura. I mezzi con cui si ottengono queste due soluzioni sono diversi, in particolare l‘utilizzo di superfici scabre nel caso di San Vitale e pareti mosaicate o marmoree del caso orientale (per questo è importantissima la luce). 
Questo edificio ed in particolare la sua definizione spaziale, verra continuato nella chiesa di Aquisgrana di Carlo Magno, che porta a maturazione questo modello cercando però di evidenziare immediatamente la chiarezza della struttura (senza passare per il momento di smarrimento), questo è ottenuto attraverso la costruzione di un’edificio simmetrico, questo è intenzionale perché punto di partenza era quello di creare un’architettura illusionistica. Nell’architettura carolingia questo viene superato, in quanto si vuole chiarezza immediata dello spazio. Vengono creati dei volumi in maniera gerarchica, è una sorta di dosaggio proporzionale che si cerca di stabilire tra le parti che compongono l’architettura.

Mausoleo di Teodorico


Il mausoleo di Teodorico sorge all’esterno della città, i cui caratteri architettonici si distolgono notevolmente dall’architettura teodoriciana che abbiamo visto sino ad ora; questo mausoleo evoca l’architettura dei suoi paesi d’origine (l’architettura barbarica). Certamente colpisce l’opera per la possanza della sua struttura completamente in pietra d’Istria, un materiale molto duro, che costituisce motivo di richiamo perché la parte superiore è realizzata in un’unico blocco di pietra portata direttamente dall’Istria, questa operazione non riuscì benissimo perché durante la posa la copertura viene danneggiata da una frattura visibile.
Anche l’aspetto esterno è stato molto discusso poiché la costruzione presenta due piani, un piano inferiore molto articolato, con una forma decagonale esterna ed una cruciforme interna, coperta da una volta a crociera, mentre la stanza superiore è una rotonda più arretrata rispetto al profilo esterno (lasciando spazio per un ballatoio) e la copertura è a cupola ribassata.
L’esterno ha posto dei problemi, in quanto si era in dubbio sopratutto intorno al ballatoio, in quanto si è discusso di una possibile porticato di ornamento (infatti Giuliano da Sangallo offre tutta una serie di disegni che mostrano come fosse diverso e lo ricostruisce ponendo un loggiato tutto intorno.)
Interessante la parte superiore che serve per trasportare la cupola e il motivo sottostante riporta l’ornamento delle cinture delle grandi armature, che è desunto dall’architettura barbariche che secondo alcune fonti sarebbero stati architetti orientali a costruire l’edificio stesso.

La chiesa di Sant’Apollinare Nuovo


Lungo la strada che è ottenuta ricoprendo la fossa si trova il palazzo e la cappella palatina, che è la chiesa di sant’Apollinare Nuovo (anche questa chiesa ha avuto molte modifiche, è stata molto bombardata mentre il campanile non esisteva intorno al X secolo e anche la bifora in facciata è un’elemento aggiunto). L’interno è simile alla chiesa di San Giovanni Evangelista sebbene tutta la parte absidale sia stata modificata; la posizione delle colonne indica l’antica posizione dell’altare, la parte basilicale (che è quella originaria originaria), vede un’ordinamento con la sovrapposizione di piani orizzontali, i quali accentuano lo sviluppo in senso longitudinale con le teorie dei santi e delle sante, unito a delle linee orizzontali in alto e l’architrave che sormonta le arcate (direttrici ottiche che accentuano il senso longitudinale della chiesa, che neppure l’ampiezza notevole della struttura riesce a sminuire). Anche qui si riscontra il senso spaziale antico delle aule termali, si tratta quindi di una architettura intrisa di classicità, legata alle volontà politiche di Teodorico. Da notare che uno dei mosaici presenta raffigurato la città di Classe ed il palazzo imperiale e quindi è una fonte primaria per la ricostruzione del palazzo di Teodorico (tuttavia i tendaggi coprono le figure del tempo di Teodorico, non amate dai bizantini).
Anche la tecnica muraria di Sant'Apollinare Nuovo continua quella da tempo in uso a Milano, mentre la realizzazione in vasi laterizi del catino absidale era da secoli tradizionale nell'Italia meridionale e nell'Africa settentrionale. Eppure in questa pianta occidentale si trovano incorporati innumerevoli elementi orientali: la forma poligonale dell'abside all'esterno, da tempo comune a Ravenna, è di origine egea; i capitelli, presumibilmente portati da Costantinopoli. Infine le lesene a contrafforte dei muri esterni sono tagliate da una fascia di mattoni che s'incurva al di sopra delle finestre creando così un intreccio marcato di elementi verticali e orizzontali. Questo motivo, che ricorda le chiese della Siria più che quelle dell'Egeo, è un indice del rapido ampliarsi degli orizzonti culturali dei costruttori di Ravenna nell'ultimo decennio del V secolo. Molto più di questi particolari, le proporzioni, la luce all'interno e gli splendidi mosaici danno un'impressione assai diversa da quella di una basilica tipo nel V secolo a Roma. L'ampiezza della navata, in proporzione alla sua lunghezza, è maggiore, la luce degli archi è proporzionatamente più larga. D'altra parte l'altezza della navata è considerevolmente maggiore della sua ampiezza per cui ne viene un senso di grande spazio. Quest'impressione è accentuata dalla luce: mentre le finestre della navata sono più piccole e più distanziate di quelle delle basiliche romane, le navatelle sono illuminate da finestre larghe quanto quelle della navata centrale: ne risulta un'eguale distribuzione della luce e dell'ombra sia nella navata che nelle navatelle, come era tradizione sulle coste dell'Egeo. Tuttavia nulla contribuisce a definire la fisionomia di Sant'Apollinare Nuovo quanto la sua sontuosa decorazione musiva.

Cattedrale ariana o chiesa del Santo Spirito e Battistero degli ariani

Il periodo di Teodorico si concentra nell’area del palazzo imperiale di Teodorico, un’area esterna alla cinta di espansione dove Teodorico costruisce il famoso Mausoleo, però oltre a quest’area interessante è l’area della cattedrale ed il battistero degli ariani (in prossimità del palazzo che costruisce, diventando cappella palatina), in seguito Teodorico si converte e anche la chiesa lo segue. Il battistero somiglia abbastanza a quello degli ortodossi per la sua conformazione, ma in questo caso è arricchito da un deanbulatorio esterno, costituendo una sorta di chiesa a doppio involucro (come a San Lorenzo a Milano, entrambe derivano dagli antichi mausolei romani); questo battistero si affianca alla cattedrale che è ora molto trasformata. 
Essa è divisa in 3 navate con 2 file di 7 colonne con capitelli e pulvini; le navate sono poco sviluppate in profondità. La costruzione termina con un’abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno. La navata centrale, più alta delle laterali, è coperta da cassettoni dorati che nascondo le precedenti capriate. Le navate laterali sono illuminate da finestre aperte in corrispondenza delle colonne antistanti.
Interessante il fatto che questa chiesa ripropone modelli costantinopolitani, ma se ne differenzia, mostrando legami all’architettura romana, ispirandosi ad alcuni esempi che nel frattempo a Roma erano stati costruiti, con questo piano elevato costituito dai matronei (ovvero dove le donne assistevano alle funzioni religiose, al di sopra delle navate). L’interno si mostra con una spazialità ad aula amplia e con le parti superiori chiuse;
nel battistero la tessitura è identica, con rimandi al mondo romano, l’interno è molto più disadorno rispetto all’altro però i mosaici nella parte superiore riprendono il tema del battesimo di Cristo.

Cattedrale e Battistero degli Ortodossi


Contemporaneamente a questi edifici si costituisce il centro episcopale con la cattedrale ed il battistero degli ortodossi o neoniano, in quanto il vescovo Neone lo fa costruire agli inizi del IV secolo (anche se viene viene modificato alla fine del IV secolo dal vescovo Urso e quindi viene anche chiamato Ursiano, il quale non fa altro che sopraeleva di un piano la chiesa antica e viene anche predisposto il programma musivo dell’interno che si uniforma alla chiesa di Galla Placidia). All’interno della pianta ottagonale si assiste all’esplosione delle decorazioni musive, in quanto le pareti sono riccamente decorate su diversi piani, in modo tale da formare una sorta di aura antica (in quanto ricorda il mausoleo di Diocleziano a Spalato, caratterizzato dagli stessi aggetti di piani, basati sul rapporto tra l’arcata ed il sostegno inferiore). Questo movimento di pareti, che crea una sorta di profondità, è esaltato da lastre marmoree (di diverso colore, sopratutto di serpentino e porfido). In generale anche l’interno ha subito varie modifiche (ci sono anche delle decorazioni di stucco antico); mentre nella parte della cupola è rappresentata la scena del battesimo di Cristo, confermano il dogma dell’ortodossia con la colomba sopra la testa di Gesù. 
Interessante è la tecnica costruttiva adoperata per la cupola, realizzata in tubi fittili, elementi in argilla incastrati gli uni agli altri che uniti formano il profilo della volta e si chiudono nella parte finale, creando in questo modo una cupola leggerissima, annullando l’effetto di spinta (ed evitando le opere di contraffortamento). Questa tecnica è un’invenzione ravennate, nel senso che sono quelli che hanno perfezionato questa tecnica, la quale era apparsa probabilmente già in epoca romana, però gli altri esempi non sono molto noti (ma non ha a Ravenna stessa un’utilizzo sistematico, solo San Vitale); anche il battistero degli ariani è simile ma non presenta questo tipo di volta. All'esterno i muri articolati da fasce di lesene (il fregio conclusivo ad archetti pensili.

Chiesa di Santa Croce e mausoleo di galla Placidia


L’altra chiesa che costruisce si trova nell’area riservata al vescovo di Ravenna, non si tratta di una costruzione ex novo ma utilizza le preesistenze dell’area, perché nella zona preesisteva, prima che decidesse di sistemare questo mausoleo, una chiesa cruciforme preceduta da una grande nartece che terminava alle due estremità con degli edifici cruciformi (probabilmente dei mausolei antichi che facevano parte della costruzione, in seguito la chiesa venne ridotta ad una superficie molto più ridotta).
La chiesa di santa Croce presentava con pianta a croce e bracci senza navatelle, cioè del tipo comune a Milano fino al 400; della chiesa vera e propria sopravvive solo la navata, col nome di Santa Croce, assai manomessa e probabilmente ricostruita nel medioevo; si conoscono tuttavia la pianta, che presumibilmente comprendeva due bassi vani addossati alle fiancate della navata (altra soluzione milanese) e un lungo nartece con le estremità schermate (quest'ultimo un elemento tipico della Grecia).
Dell’elemento che costituiva il nartece rimane solo il mausoleo di Galla Placidia (aggiunto dopo il 424), appare abbastanza conservato anche se i rapporti dimensionali sono sempre cambiati perché il peso ha determinato un sprofondamento notevole. L’impianto è cruciforme con bracci coperti da volte a botte ed uno più grande rispetto agli altri, ripete una disposizione tipica dei mausolei romana, che vede una cupola su pennacchi all’incrocio dei due bracci, nascosta all’esterno da un tamburo. Dal punto di vista costruttivo le novità non sono rilevanti (perché una tipologia molto ricorrente nello stesso mondo romano), quello che è interessante è il trattamento in arcate (che riprende motivi milanesi) e che confermano ancora questa dipendenza culturale di Ravenna da Milano, si ripete anche la tecnica muraria a mattoni con molti strati di malta (quando viene occupata dai bizantini le cose cambiano, in quanto sono maestranze costantinopolitane che impongono i sistemi costruttivi); i tra sepolcri dovevano contenere le spoglie di Galla Placidia, del figlio e del marito, ma nessuno dei tre ebbe questa destinazione d’uso, per questo il termine più giusto da usare è cenotafio.

La Basilica di San Giovanni Evangelista


Prima costruzione di Galla Placidia (risalente al 424-434), situata nell’incrocio tra la fossa augusti (che era diventata strada) e la perpendicolare del cardo, fa parte del primo palazzo imperiale e così come si presenta è una sorta di falso architettonico perché la chiesa venne bombardata. Nella ricostruzione sono stati usati materiali antichi ma non in una maniera scientifica, si conosceva bene l’impianto antico, l’unica differenza è l’altezza rispetto alla situazione iniziale, perché Ravenna è un terreno acquitrinoso in cui le costruzioni tendono ad abbassarsi (almeno 1,50 di differenza di altezza), queste modificano la visione e conferiscono un senso di tozzezza che non appare attualmente anche perché queste basiliche tendono ad espandersi con una serie di edifici annessi. La parte absidale si allinea con i sistemi già riscontrati a Milano (queste chiese somigliano parecchio dal punto di vista dell’alzato a quelle milanesi) sopratutto per la tecnica costruttiva dei mattoni (il materiale più adoperato essendo zone in cui l’argilla è molto diffusa). Quindi viene ripresa la tecnica costruttiva a mattoni con una malta di forte spessore, che proveniva da certe prassi costruttive molto diffuse a Milano, mentre molto lontani dagli esempi contemporanei a Costantinopoli, che presentano una raffinatezza nelle tessiture dovute al fatto che usano uno strato di malta sottile e mattoni tutti uguali per tutto l’edificio, anche perché a Ravenna (ma anche Milano) nei filari di mattoni si inseriscono delle pietre, per sostituire i mattoni. Milanese è anche il gusto per le grandi arcate che inquadrano le finestre come a San Semplicieano a Milano, come anche l’abside poligonale è un’elemento che si riscontra nelle chiese a Costantinopoli.
La basilica originaria constava di navata e navatelle, più brevi delle attuali perché tagliate da un nartece, con le arcate ampiamente spaziate; le navatelle sono illuminate da finestroni, i loro muri sono articolati all'esterno da lesene; pulvini a forma di piramidi tronche rovesciate sovrastano i capitelli richiamando da vicino i contemporanei pulvini della Grecia. Vani aggiuntivi sporgevano lateralmente dal nartece come in tante chiese del V secolo in Grecia e sulle coste dell'Asia, e probabilmente erano sormontati da torri; anche l'abside è di tipo egeo, poligonale all'esterno, con tre finestre; l'apertura ad archi al di sopra può essere coeva. Due ambienti isolati che sporgono dalle navatelle verso oriente può darsi siano stati cappelle di martiri, in quanto somigliano ai vani sporgenti delle coste della Cilcia anziché ai vani laterali delle chiese della Siria.
La facciata è completamente nuova costruita nel XII secolo mentre il campanile è del X secolo (tutta la zona e disseminata di questi campanili).
Per l’interno vengono usate le colonne antiche e che provengono da monumenti romani della città; l’impressione che si ha è di una ampiezza di spazio che caratterizza la chiesa accomunandola ai grandi edifici termali, sicuramente colpiscono per lo sviluppo longitudinale accentuato (che rappresenta una differenza con le chiese di ascendenza costantiniana, molto quadrangolari, a Ravenna ritorna questo modulo longitudinale che mostra in maniera più chiara l’idea di uno spazio cinetico).
Si ha la sensazione di state in uno spazio immenso e continuo diverso dalle chiese romane, questo sviluppo è accentuato da un’altra caratteristica, ovvero tutte le chiese ravennati non hanno il transetto, la mancanza di questo elemento accentua questo senso di sviluppo longitudinale in quanto lo sguardo è attratto immediatamente verso l’altare in fondo, senza avere degli ostacoli visivi (da ricordare che anche a Costantinopoli c’è una chiesa dedicata a San Giovanni ed è vicino ad un porto).
La chiesa deriva da un voto fatto da Galla Placidia, in quanto durante il trasferimento da Costantinopoli la nave viene colpita da una grande tempesta, per questo Galla Placidia invoca San Giovanni, la nave sopravvive e nel punto in cui approda si decide la costruzione della chiesa.