Introduzione al mondo paleocristiano


Il periodo che andremo adesso a studiare sintetizza una serie esperienze e di correnti precedenti; l’area geografica è molto più ampia rispetto ai periodi che abbiamo studiato (poiché in questo caso sia l’oriente che l’occidente sono coinvolti direttamente, insieme a tutta l’Europa settentrionale); come vedremo, a differenza delle epoche precedenti, questa architettura è fortemente ideologica, una architettura che muove da premesse ideologiche che si manifestano in maniera aperta attraverso i segni dell’architettura (che vuole manifestare dei significati politici evidenti). Idea fondante in questo periodo è quella di rinnovare antico impero dei cesari, che viene assunto come punto di riferimento costante per il ripristino della tradizione antica che è riferito alla figura di Costantino, il quale rappresenta l’imperatore di riferimento di tutte le dinastie regnanti d’Europa che sono sopratutto cristiane e si associano a questo personaggio che unisce un’animo laico e uno profondamente cristiano. Quindi la figura di Costantino e le opere che realizza sono prese come riferimento costante (a Treviri, Roma, Costantinopoli ed indirettamente tutto l’oriente Mediterraneo attraverso sopratutto la madre Sant’Elena, che viaggia per molte regioni fondando una serie di monasteri che contribuiscono a diffondere la religione cristiana); la fondazione di così tanti luoghi di culto cristiano danno luogo a delle religioni sempre cristiane ma che si differenziano per l’importanza attribuita a certi dogmi invece che altri. Queste diversificazioni di credo hanno una grande influenza sull’architettura, soprattutto determina una serie di elementi specifici e particolari per adeguarsi ai diversi tipi di credo e questa varietà di liturgie determina una varietà di soluzioni che vengono adottate per poter professare la religione (questo spiega in parte l’eterogeneità che si riscontra nel mondo mediterraneo tra il IV ed il VI secolo il periodo che chiamiamo paleocristiano, periodo in cui si assiste ad una sorta di sperimentalismo architettonico, che presenta una varietà di soluzioni e di elementi locali che determinano delle mutazioni nell’architettura).
La varietà è così grande che è difficile trovare un’area di riferimento che possa essere stata da guida per le soluzioni sperimentate in tutti i territori, sembra che in questo momento tutte le aree geografiche si muovano con la stessa dignità, contribuendo in modo diverso all’elaborazione di quel tipo architettonico chiamato basilica, che è l’edificio preposto allo svolgimento della liturgia cristiana. Queste architetture che esamineremo del IV e del VI secolo sono tutte architetture che si differenziano l’uno dall’altro non solo per la tipologia ma anche per i materiali usati (per esempio la pietra era abbondante in oriente, mentre in occidente in certi territori abbonda l’argilla, per questo i costruttori utilizzano prevalentemente i mattoni).
I due eventi che danno l’avvio a questo momento sono l’editto di Costantino nel 312 e quello di Teodosio del 393, il primo, che viene promulgato da Costantino dopo la vittoria su Massenzio, riconosce alla religione cristiana una pari dignità rispetto alle altre religioni, perciò a partire da questo momento i cristiani iniziano ad operare meno clandestinamente (anche se la diffidenza continua ad essere manifesta), mentre l’editto del 393 riconosce la religione cristiana come l’unica che il popolo romano può professare. Questo evento è di straordinaria portata storica perché elimina definitivamente le riserve che erano ancora presenti nei confronti della religione cristiana e da finalmente avvio al processo di maturazione dell’architettura cristiana, segnando l’avvio di quella che diventerà l’architettura medioevale vera e propria. Quindi nel IV secolo si assiste a questi fatti, che determinano la creazione di un doppio filone (questo riguarda anche altri aspetti dell’arte), in cui notiamo da una parte un filone che segue un’orientamento cristiano e dall’altro uno che continua a mantenere la tradizione pagana.
Questo doppio filone culturale si mantiene in vita fino alla caduta dell’impero romano e per circa un secolo c’è questa coesistenza di cultura che provoca dei disagi e in molti casi si assiste ad una sorta di volontà da parte dei due gruppi di trovare un’equilibrio che si manifesta attraverso una reciproca influenza. Per il cristiani il confronto con il mondo pagano agevola molto la manifestazione ufficiale del loro culto, colorandolo con una grandiosità della manifestazione della religione stessa, ovvero si manifestano attraverso una identificazione di manifestazioni più formali e di apparenza, così come lo erano quelle pagane in occasioni di cerimonie pubbliche; questo fa quindi perdere il carattere di semplicità della prime fasi del cristianesimo (e dell’architettura associata). Il contatto tra le due civiltà modifica la figura del Cristo stesso, non più rivolto verso i deboli ma come dominatore (buono) dei fedeli, per questo deve essere circondato da un contesto adeguato, per questa ragione all’interno degli edifici cristiani i simulacri sono circondati da una ricchezza che tende a aumentare questo valore.
Quando vengono emanati i due editti si fece urgente la necessità di creare degli edifici che potessero accogliere i fedeli per la celebrazione della messa. Quando la religione cristiana era clandestina le riunioni avvenivano in case private (chiamate domus aeclesiae), che non erano necessariamente di case di aristocratici ma anche di persone umili; in ogni caso queste strutture non potevano accogliere molte persone, per questo i cristiani dei primi secoli si riunivano anche nei cimiteri o nelle catacombe (che erano dei cimiteri ipogei, ovvero venivano scavati sotto terra).
I primi edifici che manifestano apertamente questa nuova religione partono da questa architettura, che potremmo definire, funeraria legata ai cimiteri scoperti e alle catacombe; nei cimiteri scoperti i luoghi di riunione era legato alle reliquie di un santo e nell’area intorno a queste tombe i cristiani si riunivano per pregare, per questo i cristiani avevano cominciato ad allestire una serie di elementi utili alle cerimonie, che comportava per esempio una distinzione tra quelli ancora da convertire (i catecumeni) e quelli già convertiti, come pure all’interno di questo gruppo c’era una distinzione tra gli officianti ed i fedeli. Queste distinzioni sono importanti perché guideranno la definizione dell’edificio chiesastico.
Parallelamente nelle tombe ipogee si cominciano ad isolare le tombe dei santi o dei martiri rispetto alle altre (scavando tutto intorno ad esse), creando una sorta di deambulatorio che permetteva di girare intorno alla tomba per pregare e per toccare le tombe (anche questo uso di toccare la tomba o di appoggiarci degli oggetti è un’uso che si conserverà successivamente e spiega alcune soluzioni delle chiesa successive).
Queste forme iniziali i rituali vengono modificati perché c’è la necessità di accogliere sempre più fedeli e poiché alla fini c’erano spesso dei banchetti, questi erano spesso erano molestati e quindi si introdusse questa necessità di controllo, inoltre vi era il desiderio da parte di molti fedeli di essere seppelliti accanto alla tomba del santo o del martire (una prassi che sarà conservata nell’architettura successiva). Questo ci fa capire che l’edificio chiesastico non si creò dal nulla, ma si tratta di un’evoluzione che tiene conto di tutta una serie di esperienze precedenti, legata sopratutto ad elementi fisici (quali sono le aree sepolcrali) ma anche trae spunto dai condizionamenti delle architetture (che appunto prevedevano le varie separazioni tra i fedeli ed un momento centrale, che era quello dell’offertorio, il quale comporta una serie di strutture complementari all’edificio, che sono poi gli arredi sacri, perché si potesse espletare questo momento).
Mano a mano che il numero dei fedeli aumenta questi rituali vengono modificati, poiché c’è una necessità reale di accogliere un numero maggiore di fedeli e siccome gran parte di queste cerimonie religiose si concludevano con un banchetto, molto spesso questi riti erano soggetti ad una serie di situazioni che non erano funzionali al momento (nel senso che erano soggetti ad aggressioni); si introdusse quindi la necessità di controllo in questa fase della cerimonia per garantire l’incolumità dei fedeli. A questo aspetto si aggiunse il desiderio di molti fedeli di essere seppelliti accanto alle tombe dei santi e dei martiri (prassi che si conserverà sopratutto nell’architettura successiva, in particolare nel medioevo).
Si pensò di disciplinare questi due aspetti costruendo accanto alla tomba del martire una costruzione provvisoria di piccole dimensioni, una sorta di ambiente in cui il pavimento era coperto da una serie di tombe (per chi voleva essere sepolto accanto al santo o al martire) e nello stesso tempo era il luogo dove si ci poteva unire per banchettare in sicurezza. Questo passo viene superato verso la fine del IV secolo inglobando la tomba del martire nell’edificio ausiliario, diventando il fulcro della costruzione perché proprio in corrispondenza della tomba del santo è collocato l’altare. Questa struttura si presenta come un’ambiente rettangolare la cui parte terminale è curvilinea, riprendendo l’andamento del deambulatorio circolare che circondava la tomba del santo; quindi le chiese più antiche erano formate da questa grande aula unica e la parte terminale era circolare, dove era posto l’altare, a fianco del quale erano presenti le tombe.
Certamente nella scelta di questo edificio i cristiani guardano al mondo precedente cercando di avere un modello di riferimento; nel 313 l’architettura romana era ricca di edifici monumentali e fortemente articolati (dotati di grandi sistemi costruttivi e con volte di grandi dimensioni), tuttavia i romani possedevano grandi somme e sopratutto non dovevano costruire con grande urgenza, per i cristiani invece, una volta resa libera la religione, bisognava fare in fretta a costruire degli edifici di culto e quindi questa urgenza scartava l’idea di costruire edifici complessi. Gli esempi potevano essere tanti (come la basilica forense, che strutturalmente era un’edificio costituito da un grande ambiente a navata unica o diviso in tre parti, illuminato dall’alto da finestre), la basilica era quindi un luogo di raduno (una sorta di prolungamento dell’area forense), era un luogo che si prestava ad accogliere un certo numero di fedeli. Potevano anche fare riferimento alle aule regie (come quella del palazzo di Diocleziano a Spalato) ma erano degli ambienti di una certa grandezza ma non tale da poter accogliere i fedeli; non potevano di certo ispirarsi ai templi sia perché avevano una certa diffidenza per un’edificio che ricordava la religione pagana e poiché non consentono una capienza adeguato.
La basilica era un tipo edilizio presente in tutta la storia romana, grazie sopratutto al fatto che aveva molti usi diversi (togliendo quella di Massenzio che è di una complessità unica), indubbiamente tutte questi elementi ebbero un’effetto sull’individuazione di un tipo architettonico adatto a corrispondere alle esigenze liturgiche dei cristiani, però questi modelli di riferimento vengono sottoposti ad una revisione ed adattamento alla liturgia cristiana; per questa ragione viene individuata un’aula principale (riservata ai fedeli), un’area riservata al clero (chiamata presbiterio, che in genere è un’elemento che si aggiunge a quest’aula e può avere una forma quadrata, rettangolare o circolare) ed una parte antistante (ambiente di ingresso separato dall’aula vera e propria, che si chiama nartece, luogo dove si riunivano i catecumeni quando venivano esclusi, al momento dell’inizio della celebrazione dei fedeli), davanti a questo ingresso della chiesa c’era una sorta di quadriportico a cielo aperto (che si chiamava paradisus perché a volte ricco di alberio atrio quadriportico), il lato più esterno parallelo al nartece era quello di ingresso effettivo (il quadriportico non era un elemento sempre necessario, era frequente a Gerusalemme e Roma); per distinguere il portico più esterno dal nartece vero e proprio, i due lati assumono nomi diversi, l’esterno si chiama esonartece ed il corridoio attaccato alla chiesa si chiama endonartece.
I fedeli occupava l’area ma non portavano entrare dalla parte presbiteriale, esclusivamente riservata al clero, però per rendere ancora più separate la zona dei fedeli da quella dei sacerdoti è introdotto un’elemento architettonico chiamato transetto, ovvero una navata trasversale che taglia l’aula principale separando l’aula dal presbiterio. Questo ambiente trasversale ha proporzioni variabili nell’architettura cristiana, molte volte dalla forma del transetto prende noma la chiesa stessa (se la navata del transetto ha la stessa altezza è detto transetto continuo, creato a Roma con San Pietro, trova modo trova diffusione nell’occidente europeo nell’architettura carolingia ed ottoniana; se i lati sono più bassi si chiama chiesa a transetto basso).
All’interno di questa aula unica si può individuare anche una suddivisione in genere in tre parti, una navata centrale e due ambienti più stretti che si chiamano navatelle (con un rapporto in genere di 1:2, anche se non viene osservato sempre). Questa divisione in tre o cinque navate può essere ottenuta con dei sostegni che possono essere o pilastri o colonne, nell’architettura paleocristiana in genere nei primi secoli si tratta sempre di colonne che sorreggono i muri sovrastanti con l’interposizione di un’architrave che collega le colonne, oppure sono collegate da arcate che sorreggono il muro, che si eleva abbastanza per permettere l’apertura di finestre ed illuminare l’interno.
Una serie di problemi che modificano sostanzialmente questi modelli di riferimento adattandogli alle esigenze del culto. Questi elementi fondamentali li possiamo assumere come elementi uguali per tutti questi secoli, cioè vedremo chiese tutte diverse, mantenendo questi temi fondamentali legati al credo religioso, le modalità di adattamento sono completamente diverse, legate alle situazioni locali; per verificare questa diversità ci concentreremo sulle città principali, che sono Roma, Milano, Ravenna (per l’occidente), Gerusalemme e Costantinopoli (per l’oriente), cercheremo quindi di individuare i caratteri comuni ed individuali, tenendo presente che queste differenze non nascono da un atteggiamento di contrasto od opposizione rispetto ad una determinata area geografica, ma rielaborazioni di temi comuni, dovuti ad addizioni locali (per esempio Roma era diversa da Ravenna, in quanto quest’ultima era soggetta ad influenze orientali, grazie all’intervento di Galla Placidia; Roma invece era chiusa a tutte le influenze esterne e quindi in questo periodo tende a riprendere temi antichi).
Questo momento tra il IV ed il VI è un periodo che potremmo identificare come sperimentalista, a significare questa concentrazione di interessi nella preparazione di un tipo architettonico che diventerà poi di riferimento per le aree geografiche di un territorio molto più vasto, infatti nel VI secolo questo sperimentalismo si rallenta perché i contatti tra le popolazioni d’oriente e d’occidente sono più facili e tutti concorrono alla creazione di una tipologia architettonica che sia più simile ad entrambe le aree.
Sicuramente in questo processo di legame tra l’oriente e l’occidente hanno un’importante ruolo le popolazioni barbari, come i Visigoti e gli Ostrogoti.
Questo processo di fusione determina anche una chiara individuazione di aree geografiche in cui si sperimentano e ci si concentra per sviluppare alcuni temi specifici, quindi dopo il VI secolo (attuato il processo di selezione) ogni area si concentra sulla soluzione di determinati problemi facendoli propri ed isolandoli da tutto il resto (cioè si fa una selezione da tutto il panorama che è stato sperimentato precedentemente e si decide che certi modi architettonici sono quelli che sono più adatti alle proprie esigenze non solo di carattere religioso ma anche politico e sociale) ed è in questo momento che possiamo individuiamo della aree particolari che si distinguono della specificità, è il momento in cui si può parlare di architettura carolingia, asturiana, bizantina.
Quindi dopo il VI secolo, con una fase intermedia di mediazione dei barbari, finalmente intorno alla metà dell’VIII secolo si arriva all’individuazione di queste aree specifiche; sicuramente tra la fase di sperimentalismo e quella di individuazione delle aree specifiche una azione determinante è determinata dai popoli barbari Visigoti, Ostrogoti e Merovingi, che costituiscono la base di quelle civiltà che formeranno l’Europa attuale.
I Merovingi vengono dall’oriente (dall’attuale Russia occidentale) e si stabiliscono nel territorio dell’attuale Francia, ma vengono subito soppiantati dai Visigoti e si consolidano come entità politica molto forte; in seguito questa popolazione estende la sua influenza dalla Francia centro-meridionale fino alla Provenza (arrivando quasi in Italia).
Dopo circa quaranta anni di governo i Visigoti vengono a loro volta soppiantati dagli Ostrogoti (che hanno un peso maggiore poiché guidati da Teodorico, il quale una volta conquistata Ravenna si distacca dall’impero romano d’oriente e persegue una politica filo-papale).
I Visigoti, una volta cacciati dall’Aquitania e dalla Provenza, si rifugiano in Spagna, occupando tutta la penisola iberica, questi Visigoti stabiliscono come città principale quella di Toledo; sorgono in questo momento una serie di architetture che hanno un linguaggio misto, nel senso che i Visigoti non avevano una tradizione architettonica e quando arrivano in Spagna (territorio ricco di edifici romani) si trovano a contatto con una realtà culturale che vogliono a tutti i costi assimilare. Questo momento particolare da una serie di risultati particolari, favoriti dal fatto che i Visigoti si convertono al cristianesimo.
Il trauma successivo avviene con l’invasione mussulmana nel 711, che pone fine alla civiltà visigota; i mussulmani scelgono come città più importante del regno Cordoba, l’elemento che distingue questo territorio è il fatto che questo regno islamico è indipendente da tutti gli altri (ovvero Damasco o Baghdad). L’invasione mussulmana sconvolge tutta la cultura spagnola e alla tradizione cristiana introdotta dai Visigoti si sovrappone quella islamica; anche qui la fusione di elementi islamici ed elementi cristiani da luogo alla cultura mozarabica, una popolazione che nasce dalla fusione di queste due culture; quindi dall’VIII al X secolo nascono delle architetture che hanno per esempio impianti cristiani ed alzati mussulmani.

Riassumendo dopo il VI secolo c’è un momento che vede protagoniste le popolazioni barbare (in particolare merovingi, ostrogoti e visigoti), i merovingi hanno un periodo di breve durata nella Francia centro meridionale, i visigoti, anch’essi in Francia, vengono vengono cacciati dagli ostrogoti, i quali a loro volta vengono cacciati dai franchi, diventando poi i carolingi.
Il periodo dal IV al VI secolo l’abbiamo chiamato paleocristiana, il periodo tra il VI ed il IX secolo viene invece chiamato pre-romanico (un periodo che comprende l’architettura carolingia ed asturiana).
Dopo il crollo della dinastia asturiana della Spagna la penisola iberica diventa gradualmente cristiana, ovvero inizia un periodo di riconquista che sottrae gradualmente ai regni islamici gran parte dei loro territori, anche se alla fine rimangono dei regni che sono ancora islamici, sono i famosi regni di Taifas.
Per quanto riguarda l’europa carolingia (che comprende gli attuali territori di Francia, Austria, Polonia, Germania) quando cade l’impero carolingio nell‘888, si assiste ad una divisione dei territori che essenzialmente si concentrano in due entità, il regno di Francia e in quello di Germania, il primo è sotto la dinastia dei Capetingi mentre nel secondo è noto come regno degli Ottoni, perché il primo che governa è Ottone I.
Questo periodo che va dal IX sino all’XI secolo si chiama periodo proto-romanico, periodo in cui si elaborano una serie di elementi architettonici che preannunciano in maniera diretta la formazione dell’architettura romanica; dopo XI secolo sino alla fine del XII inizia il periodo romanico vero e proprio; a questa suddivisione corrispondono l’alto medioevo (che coincide con il periodo pre-romanico), il vero e proprio medioevo (che corrisponde al periodo proto-romanico) ed il basso medioevo (che corrisponde al periodo romanico vero e proprio).

Paleocristiano
IV-VI sec preromanico
VI-VII: barbari (Visigoti-ostrogoti-merovingi-franchi)
VIII-IX: Asturie (oviedo) - Carolingi

IX-XI (proto-romanico, comprende l’architettura dei Capetingi e degli Ottoni) formazione del regno di Castiglia-Leon, regno che unifica tutta la Spagna sotto il segno del cristianesimo (regni di Taifas, il più famoso è il regno di Granada); in Francia dopo i Carolingi vengono i Capetingi e dall’altra perte gli Ottoni (962-1024)
XI-XII architettura romanica

La figura di Costantino è molto importante per le ragioni che abbiamo detto, sia l’architettura asturiana che quella carolingia ed ottoniana sono animate da questi rimandi ideologici che si basano sull’idea della “renovatio imperi”, ovvero quella di rinnovare l’impero romano ed in particolare quello di Costantino, perché figure come Carlo Magno, Alfonso II e degli Ottoni sono re che operano in stretta alleanza con il papato romano, quindi sono dei difensori della chiesa e per questo profondamente cristiani, però nello stesso tempo sono re la cui formazione è di altra provenienza (come Alfonso II che era di origine ostrogota; anche Carlo Magno è un re cristiano e difende la chiesa papale contro i longobardi però ha un’origine celtica che non rinnega; poi gli stessi Ottoni sono legati alla Sassonia).
Sulla personalità di Costantino ruota tutta la storia alto medioevale e anche l’architettura risente fortemente di questo doppio binario, perché per un verso ci sono architettura che riesumano aspetti della architettura aborigena (come l’architettura lignea, che viene riproposta pietrificata) e in parte a quella dei romani.
Due impegni avevano assunto questi popoli nel confronto con il papato (in cambio della concessione della dignità dinastica), ovvero quelli di evangelizzare i loro territori e quello dell’introduzione della liturgia stazionaria romana, infine il culto delle reliquie; questi tre elementi fondamentali servono anche a capire l’architettura, perché insieme alle esigenze liturgiche e la necessità di incrementare il culto delle reliquie porta a delle modifiche sostanziali nella tipologia basilicale poiché si devono trovare ambienti adatti ad ospitare tali reliquie, si formano quindi le cripte (un’invenzione alto medioevale); prima di allora le cripte sono rarissime, la prima appare a San Pietro (ma non contestualmente alla sua creazione nel 313, ma nel 604, conseguenza dell’incremento del culto delle reliquie e per motivi di sicurezza)
Nel mondo carolingio la diffusione di questo elemento è talmente elevata da determinare la creazione di numerose varianti e a questo elemento concentrano una particolare attenzione, perché si trovano una serie di cripte complicate in modo da ottenere spazi enormi in modo di ospitare le reliquie che arrivavano in terra franca; il numero di queste reliquie è talmente elevato che neppure le cripte sono abbastanza, per questa ragione si cominciano a creare degli annessi in aggiunta alle cripte, oppure si individuano degli altari nella chiesa superiore, che vengono posti i vicinanza del presbiterio.
Un’altro elemento, quello dell’introduzione della liturgia romana, costituisce un’elemento che spiega le modifiche sull’impianto della basilica, cioè la liturgia stazionare era caratterizzata da cerimonie che rinnovavano il rituale della via crucis per tappe, ovvero venivano fatte delle processioni all’interno della chiesa con delle soste corrispondenti alla via, questa necessità di creare un percorso che non ostacolasse la circolazione portò alla necessità di creare nella parte resinale una sorta di corridoio in modo che i fedeli entrando da un lato e uscendo dall’estremità opposta dello stesso lato; questa necessità determina lo sviluppo di questo deambulatorio che avvolge l’antico presbiterio (soluzione estrema è il coro deambulato con cappella radiali, anche se è una soluzione molto tarda del X secolo).