San Giovanni in Laterano


La prima chiesa costruita è quella di San Giovanni in Laterano, quando Costantino inizia a creare la chiesa procede con una certa cautela nella scelta dei siti (poiché se da una parte c’era l’esigenza di costruire chiese in città, dall’altra c’era una esigenza di cautela perché l’esproprio di certe aree poteva creare dissapori con i pagani), in un clima di tensione Costantino decide di donare alla città di Roma le sue proprietà (che andavano dalla fascia di San Giovanni in Laterano sino a Porta Maggiore). Quest’area era in parte terreno libero ed in parte occupata da un palazzo di nome Laterano, il quale viene donato al vescovo di Roma, che lo scelse come sede del suo episcopio (la parte residua è ancora occupata da un palazzo che ne rappresenta una minima parte). La chiesa attualmente presente è un debole ricordo della prima, si tratta di aggiunte come il transetto e la parte absidale, anche tutto il colonnato interno non è più visibile perché le colonne sono state inglobate in pilastri. Siamo in grado di ricostruire l’immagine della chiesa antica attraverso una fonte, ovvero il “Libro dei pontefici”, un testo in cui sono raccontate tutte le vite dei papi e le opere da loro promosse.
San Giovanni in Laterano viene costruita come chiesa ex novo e che deve entrare a far parte del palazzo di Laterano donato da Costantino, sorge in un’area limitrofa al palazzo, in un’area precedentemente occupata da una caserma (che però era abbastanza in disuso), Costantino espropria una parte aggiuntiva e costruisce la chiesa.
Si trattava di una chiesa di grandi dimensioni (con cinque navate orientate est-ovest), raramente dopo vengono realizzate a cinque, di solito sono sono a tre navate. La chiesa dimostra quei caratteri che abbiamo menzionato, la grandiosità d’impianto e le decorazioni interne (che conosciamo sempre dal Libro dei pontefici); la chiesa, guardandola in pianta, ci dimostra come la navata centrale è quasi 1:2 quelle laterali, manca il portico d’ingresso; le navate sono suddivise da quindici sostegni diversificati (anche se in realtà varia solamente il coronamento delle colonne che le lega), nelle navate laterali i sostegni sono ventidue colonne, collegate da basse arcate e sollevate su alti plinti; nella navata principale troviamo un’architrave orizzontale che corre continuo sino all’imbocco del presbiterio senza interruzione (concludendosi ad ovest in una grandiosa abside semicircolare), questo accade anche nelle navate laterali a quella centrale, mentre nelle navatelle più esterne non arrivano fino in fondo ma si fermano, a causa della presenza di alcuni ambienti trasversali, che costituiscono i bracci di una sorta di transetto (anche se non è un vero e proprio transetto in quanto non ha la forza di una navata trasversale che interseca quella longitudinale, ma certamente è un’elemento che segna un’interruzione tra le parti). 
L’unico elemento che segna una netta distinzione tra la parte riservata ai fedeli e quella al clero è l’iconostasi ed il transetto, concretizzata attraverso una grande balaustrata centrale sovrastata da statue di argento massiccio (come di argento erano anche i lampadari ed altre strutture decorative). L’iconostasi era sormontata da statue che sorreggevano una sorta di architrave che in corrispondenza dell’asse principale era presenta una forma arcuata (quasi a formare un’arco siriaco, che ricordava la facciata del palazzo di Diocleziano nel a Spalato, ovviamente il richiamo a questo elemento è simbolico).
L’organizzazione di questo ambiente vede come protagonisti da una parte l’altare (posto in linea d’area sotto l’arco siriaco) e dall’altro le reliquie contenute dentro l’altare principale; la presenza di questi due elementi determinano la ragione d’essere di questa costruzione, infatti il visitatore entrando viene subito attirato dall’altare dove era collocata la reliquia. Non ci sono ostacoli che visivamente si contrappongono al percorso del visitatore verso l’altare, si tratta di uno spazio libero e sopratutto c’è una copertura molto lineare che rende lo spazio estremamente omogeneo ed indifferenziato. 
Come dimensioni la basilica lateranense non era gigantesca, essendo lunga 75 a larga 55 metri, poteva comunque accogliere diverse migliaia di fedeli, presumibilmente le navatelle più esterne erano celate da tende ed in esse si posizionavano i catecumeni, mentre le altre erano riservate ai fedeli battezzati. Per la tecnica costruttiva erano state seguite le tecniche locali, mentre il tetto era a capriate a cassettoni; per quanto riguarda la decorazione l’esterno era quanto di più semplice, mentre all’interno una moltitudine di colori, luci e materiali preziosi creava un’insieme di splendore unico

Tutte le chiese dal IV al VI secolo sono caratterizzate dal questo spazio cinetico, dato da una omogeneità dell’articolazione dei sostegni e delle coperture. La preoccupazione di tutti gli architetti dal VI al X secolo sarà quella di modificare questo senso spaziale cinetico non per negarlo ma per renderlo più rallentato, cioè persiste sempre l’idea che il visitatore debba raggiungere l’altare ma il modo in cui questo avviene viene attuato attraverso una serie di impedimenti che rallentano questo procedere, gli accorgimenti sono numerosi però riguardano principalmente la modalità di posizione o di uso sostegni e le coperture (in particolare la presenza di arredi oppure la presenza di una copertura a volte). Vedremo come l’architettura ottoniana, carolingia, romanica, proto-romanica, catalana ed altre sono architetture che mirano a modificare questo semplice impianto basilicale per raggiungere lo spazio che deve essere conosciuto attraverso un modo rallentato nel procedere (lo spazio diventa sperimentale, ovvero uno spazio che deve essere percorso per poter esser compreso).
L’architettura romanica trova il suo centro in Borgogna, una zona ideale per poter concentrare tutte le esperienze provenienti dalle varie regioni d’Europa per creare una architettura che può essere considerata una sommatoria di tutte queste esperienze particolari; quindi è il momento quello romanico in cui si riunificano tutte le esperienze che prima sono attuate in maniera sparsa, creando un’architettura omogenea in un territorio molto vasto.
Nello stesso tempo la madre di Costantino vuole trasformare l’area principiane del sestiniano in un luogo di culto (in quanto era arrivata dalla terra santa un frammento della croce di Cristo) e trasforma la grande aula (che faceva parte del palazzo) aggiungendo una parte absidale e suddividendo questo spazio attraverso delle tramezzature arquate e ciascuno di questi vani viene destinato ad una determinata destinazione d’uso; si può dire che questa chiesa attesta la transizione tra la domus aeclesia e la basilica.