
Anche la tecnica muraria di Sant'Apollinare Nuovo continua quella da tempo in uso a Milano, mentre la realizzazione in vasi laterizi del catino absidale era da secoli tradizionale nell'Italia meridionale e nell'Africa settentrionale. Eppure in questa pianta occidentale si trovano incorporati innumerevoli elementi orientali: la forma poligonale dell'abside all'esterno, da tempo comune a Ravenna, è di origine egea; i capitelli, presumibilmente portati da Costantinopoli. Infine le lesene a contrafforte dei muri esterni sono tagliate da una fascia di mattoni che s'incurva al di sopra delle finestre creando così un intreccio marcato di elementi verticali e orizzontali. Questo motivo, che ricorda le chiese della Siria più che quelle dell'Egeo, è un indice del rapido ampliarsi degli orizzonti culturali dei costruttori di Ravenna nell'ultimo decennio del V secolo. Molto più di questi particolari, le proporzioni, la luce all'interno e gli splendidi mosaici danno un'impressione assai diversa da quella di una basilica tipo nel V secolo a Roma. L'ampiezza della navata, in proporzione alla sua lunghezza, è maggiore, la luce degli archi è proporzionatamente più larga. D'altra parte l'altezza della navata è considerevolmente maggiore della sua ampiezza per cui ne viene un senso di grande spazio. Quest'impressione è accentuata dalla luce: mentre le finestre della navata sono più piccole e più distanziate di quelle delle basiliche romane, le navatelle sono illuminate da finestre larghe quanto quelle della navata centrale: ne risulta un'eguale distribuzione della luce e dell'ombra sia nella navata che nelle navatelle, come era tradizione sulle coste dell'Egeo. Tuttavia nulla contribuisce a definire la fisionomia di Sant'Apollinare Nuovo quanto la sua sontuosa decorazione musiva.